sabato 3 febbraio 2018

Tre mele







Il mercato era stato parte della vita di Adriano da sempre.
Almeno da che ne aveva memoria, il sabato mattina era giorno di mercato. 
Il rituale prevedeva che fosse comprato qualcosa prima di rientrare. 
Lo aveva fatto da bambino, fiero di poter fare compere da solo, lo aveva fatto controvoglia da adolescente ribelle, lo aveva continuato a fare da giovane adulto e non aveva certo intenzione di cessare ora.

La zona dedicata ai prodotti alimentari e agli ortaggi si trovava in fondo al viale. Una piacevole passeggiata anche se a una certa ora il viale si affollata al punto da non riuscire quasi più a passare. 
Adriano decise che avrebbe preso della frutta. A casa aveva la dispensa piena e non c’era bisogno d’altro.

Non conosceva personalmente i commercianti, si serviva semplicemente dove c’era meno coda.  
Stava osservando un espositore di ananas quando si sentì trattenere per un braccio. 
Si girò e vide che una vecchina senza la dentiera gli stava sorridendo. 
Adriano si sentì inerme sotto quello sguardo. La pelle screpolata dal sole e da una vita poco facile era piena di rughe e gli occhi scuri e profondi.
Gli porse un sacchetto di carta bianca, dicendo:
-Prendi queste tre mele, caro. Sono buone.
-Non mi piacciono molto le mele… stava per protestare Adriano, ma la vecchia insistette stringendo più forte il braccio dell’uomo. 
-Sono mele gialle. E sono speciali. Un solo morso tu farà assaporare gusti antichi e ti farà annusare odori dimenticati. 
Quanto stringe questa vecchia, E che sguardo strano, pensò Adriano che pur di essere lasciato afferrò il sacchetto delle mele.
-Mi ringrazierai. Ti piaceranno le mie mele.
Il sorriso senza denti si fece più aperto, quasi osceno. 
Adriano fu contento di avere finalmente il braccio libero. Ringraziò la vecchia senza guardarla e cercò di allontanarsi veloce.
Quando realizzò di non avere pagato le tre mele tornò immediatamente sui suoi passi.

Adriano raggiunse il banco di frutta con un senso di colpa e cercò con lo sguardo la vecchia ma non la vide.
Una commessa molto giovane e molto carina gli chiese cosa desiderasse e alla sua domanda gli rispose:
-No, qui c’è  solo mia madre che ha 42 anni e se la chiama vecchietta le tira un carciofo dietro.
-Allora vorrei pagare queste tre mele gialle.
-Ma oggi non sono arrivate le mele, e poi non abbiamo sacchetti di carta bianca… è sicuro di averle comprate qui?
La ragazzina aveva aggrottato le sue sopracciglia e Adriano si scusò per l’equivoco e se ne tornò  a casa.

Una volta a casa, Adriano posò la busta sul piano della cucina e cercò di non pensare a quella strana, inquietante donna anziana preparandosi il pranzo.
Filetto di branzino in umido con pomodorini. Grissini e un bicchiere di vino rosso. Adriano era sempre stato attento al proprio peso.
Si concedeva due caffè al giorno, a colazione e dopo pranzo.
In genere lasciava la frutta per lo spuntino del pomeriggio. 
Già la frutta.

Era tornato a casa con delle mele. Tre mele gialle che a lui nemmeno piacevano. 
Terminato il pranzo pensò di mangiare una mela prima del caffè. 
Aprì il sacchetto per riporre le mele nel cestino e, sorpresa sorpresa, le mele erano quattro. 
Adriano si sentì confuso, come se avesse perso il controllo su qualcosa. 
Lavò una mela, volendo mangiare anche la buccia, la tagliò in quattro, la pulì dal torsolo e assestò un morso. 
Avvertì una vertigine, ebbe davanti un’immagine confusa, un ricordo sfocato, di una giovane donna che gli porgeva un cucchiaino con la mela grattugiata e dal passato l’amorevole giovane voce di sua mamma risuonò per un momento nella stanza.
Poi la vertigine cessò e l’immagine sparì come era apparsa. 
Adriano si sentì invadere da un sentimento di tenera nostalgia. 

Durò pochi istanti ma all'uomo bastò. 
Divorò i restanti quarti di mela alla ricerca di nuove meravigliose emozioni come chi le cerca tramite l’abuso di sostanze illegali ma senza ulteriori effetti.
Il primo morso era stato quello magico.
Adriano, che si vantava di essere una persona razionale, cercò in tutti i modi di non credere a questioni paranormali e si disse che era stata suggestione. Ma quanto era stato piacevole quel ricordo che credeva perduto. 

La sua razionalità resistette fino all'ora di cena. 
Formaggio stagionato, insalata verde e olive.
Meglio non esagerare, pensò Adriano.
Ma al termine una fetta di mela poteva andare. Almeno quanto una sigaretta quando si è in astinenza da nicotina…
Adriano morse la mela con voluttà. 
Il suo succo dolce e il suo gusto acido inondarono la lingua e il palato di Adriano e allo stesso tempo la sua mente fu trasportata ad un mattino soleggiato, tra i banchi della seconda elementare. Come si chiamava la bambina? Susanna, gli sembrava. Aveva la pelle bianca come il latte e profumata di sapone. Un mattino lei gli porse un pezzo della sua mela e gli sorrise. 
Il bimbo che era stato provò una fitta  dolorosa nel centro del petto ma un dolore piacevole e bellissimo e non voleva che finisse mai. Voleva che durasse fino a farlo morire d’amore. Non riusciva a capire cosa fosse quel meraviglioso dolore ma sentiva che se fosse sparito non avrebbe provato mai più la stessa sensazione. 
E così era stato fino a quella sera.
Adriano si tuffò spostato sulla poltrona. 
Si sentiva euforico e svuotato di tutte le forze allo stesso tempo.
Aveva dimenticato di quando si era innamorato la prima volta.  Era molto piccolo ed era passato un secolo.
Provò a leggere il giornale senza molto successo. Continuava a ripensare le parole della vecchia.
Un morso ti farà assaporare gusti antichi. 
Ti farà annusare odori dimenticati. 

Adriano andò a letto e provò a dormire. Di nuovo senza successo. 

La domenica iniziò per un assonnato, confuso e dolorante Adriano. 
Era come se avesse lottato nottetempo con tutti i fantasmi del suo passato e ne fosse uscito pesto e malconcio. 
Girò tutta la mattina senza combinare niente di buono, lui stesso ectoplasma inconsistente del presente.
All'ora di pranzo non pensò minimamente a cucinare.
Aveva in testa solo una cosa. Assaggiare un boccone dalla terza mela.
Adriano non aveva mai fumato in vita sua, non beveva, non era mai caduto nella trappola delle dipendenze ma quella mattina si sarebbe spaventato solo a guardarsi allo specchio.

Solo ventiquattro ore prima era un distinto e gentile uomo, ordinato e metodico, ora sembrava un tossicodipendente e non solo per le occhiaie e la barba lunga.

Si diresse veloce al ripiano della dispensa, afferrò la terza mela, andò a sedere sulla vecchia poltrona e così, senza sbucciarla né lavarla, staccò un morso.

La vertigine arrivò puntuale, prima ancora di sentire il gusto del frutto.
Se non si fosse seduto sarebbe finito lungo disteso sul pavimento. La sua stanza divenne opaca e al suo posto ci fu un cielo azzurro e un caldo sole. Al bordo di una piscina una giovane donna, con un caschetto di capelli neri, gli stava porgendo un bicchiere di profumato succo di mela. Lei rideva leggera, la sua voce cristallina gli risuonò nella testa facendo vibrare forte la sua anima e provocando una fitta dolorosa che lo scosse con violenza. Mentre ancora l’eco della risata non si era spento, il ricordo della scomparsa prematura della giovane moglie lo fece piombare in un incubo da cui nemmeno le lacrime potevano salvarlo.
La stanza era tornata ma ora tutto era tremulo per colpa del pianto.

Adriano non aveva dimenticato quel ricordo, semplicemente non permetteva a se stesso di tornare al passato, di guardare in dietro, per non soffrire, per riuscire a vivere. Così facendo aveva smesso anche di ripensare al giovane volto della moglie e ci volle tempo perché si riprendesse da quell'esperienza.

Pensò di fare due passi ma alzatosi dalla poltrona si diresse in cucina.
Trovò il cestino con l’ultima mela. Non capì, qualcosa gli sfuggiva, la vecchia megera gli aveva dato il sacchetto dicendo di accettare tre mele, ne era sicuro.
Tre mele.
Perché ce ne fossero quattro, non lo capiva. 
Poi rise e la sua risata fu quella di chi ha perso la ragione.
Mi preoccupo di un problema matematico mentre tutto il resto? Pensò. Tutto il resto è normale, invece? E la sua risata folle gli spillò altre lacrime.

Mise il cappotto e senza pensare a lavarsi la faccia o a pettinarsi si diresse alla porta. Prima di uscire però, tornò in cucina e mise la quarta mela in tasca.

La domenica all'ora di pranzo i viali erano deserti.
Adriano trovò una panchina e si sedette al sole. Per un momento sperò che passasse qualcuno, un conoscente che potesse aiutarlo. Ma la città sembrava deserta.

La mano andò alla tasca, lui lo aveva sempre saputo, e prima che potesse ripensarci addentò l’ultima mela.

Adriano aspettò qualche istante prima di masticare. La vertigine non si presentava. Avvertì un senso di perdita, poi una specie di panico che lo spinse ad attaccarsi forte alla vita e a respirare. Questa manovra gli fece andare il pezzo di mela in basso, verso le vie aeree.
Sentì un fortissimo odore dolce, come un vento arrivato dal futuro, lui gli corse incontro felice di avere anticipato l’evento e mentre tutto diventava buio il panico sfumò e lasciò spazio a una serenità profumata di mele.



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