lunedì 25 gennaio 2016

Sportello 41, scala b, terzo piano.







Sportello 41, scala b, terzo piano.


La sala d'attesa è semibuia, le pareti tristemente spoglie, l'aria viziata.
Gino varca la soglia e sgrana gli occhi. Pensava, o meglio sperava, di trovare poca gente invece nella sala ci saranno almeno una sessantina di persone, tutte già nervose, tutte già impazienti.
Gli sportelli sono ancora chiusi, tutti e quattro. Un orologio sulla parete indica che mancano due minuti all'apertura.
Deve prendere il numero.
Una vecchia, dalla voce acida, indica a Gino il numeratore sulla parete opposta.
Ma io devo solo consegnare un modulo...
Deve prendere il numero!
Insiste la vecchia con la sua vociaccia.
Gino desiste, va a staccare un biglietto di carta grigia che riporta un numero stampato: settantaquattro!
Si gira verso un signore con un Loden verde molto fuori moda e sussurra: ma io dovevo solo lasciare un foglio... Ma il tale col Loden fa finta di non sentire.
Poi cambia idea perché guarda verso Gino e dice:
Tutti qui devono solo lasciare un foglio o ritirarne un altro o compilare una domanda o chiedere un'informazione. Non la faranno passare mai, quindi si prenda il suo numero e aspetti il turno.

Gino capisce, si rassegna e si cerca una sedia vicino all'uscita. Così, per sentire l'aria fredda che arriva da fuori.
È una bella giornata invernale, con un po' di pazienza presto sarà fuori a godersela.
Nel frattempo gli sportelli sono stati aperti e le prime quattro persone stanno già parlando con gli impiegati.
Bene, pensa Gino, quattro alla volta non ci metteranno molto a smaltire questa gente.
Venti minuti dopo i primi quattro, sempre gli stessi, stazionano ancora davanti agli sportelli.
Dopo quaranta minuti Loden verde ha chiamato un ragazzino col cellulare, il figlio probabilmente, e si è fatto portare un giornale. Con il suo quotidiano si sistema comodo sulla sedia di plastica dura e si mette a leggere con sguardo serio e concentrato.
Nel frattempo la sala si è ulteriormente riempita.
Gino aspetta due ore prima di vedere Loden verde alzarsi, piegare il giornale e avvicinarsi a uno sportello.

A intervalli di quindici minuti un impiegato per volta lascia lo sportello. Semplicemente indica alla persona successiva di attendere sulla striscia gialla per terra, si alza e si assenta probabilmente per una pausa caffè.
Dopo circa due ore e tre quarti davanti allo sportello numero quattro c’è la persona che ha staccato il biglietto n. 73.
Gino scalda i motori.
Guarda la sala ancora piena per metà di gente annoiata, stufa, inacidita.
Guarda il display che riporta il numero settantatré e che lampeggia rosso.
Guarda gli impiegati ai quattro sportelli che dialogano cortesemente, quasi amabilmente con le persone di là dei vetri.
Poi, come per magia, un lieve suono indica il cambio del numero, Gino legge quasi incredulo;
N.74 sportello: 2
Per un momento si sente paralizzato, la lunga attesa gli ha anchilosato gli arti inferiori, non riesce a muovere un muscolo. Poi la volontà e la concentrazione vincono l’inerzia e Gino si dirige a passo di carica verso lo sportello numero due.
Como dice? Non va bene? Gino non crede alle sue orecchie.
La domanda va redatta con apposito modulo e non su carta semplice…no, il modulo non è disponibile agli sportelli…un momento che sento il dirigente preposto…signore non si arrabbi, sto facendo il mio lavoro… sì, come dice? Posso farlo salire? Certo, lo mando all'ufficio protocollo, grazie…
Gino vorrebbe interrompere quell'odiosa telefonata, chiarire all'interlocutore che ha aspettato ben settantatré persone per sapere che non doveva fare quella coda!
L’impiegato gli sorride e con fare professionale e premuroso gli indica l’uscita alle sue spalle.
Deve dirigersi alla destra dell’ingresso,  da lì partono due scale, deve prendere quella di destra, certo c’è anche un ascensore ma è riservato ai dipendenti. Al secondo piano prenda il corridoio di sinistra e conti quattro porte. Sulla quarta una targa indica; Ufficio Protocollo.
Non può sbagliare, lo congeda l’impiegato e a suggellare l’addio, il display suona e segnala che è il turno del numero settantacinque.

Gino va verso l’ingresso lasciando con sollievo la sala d’attesa, individua le scale, segue le istruzioni e sale al terzo piano. Controlla il fiatone, poi prende a sinistra conta quattro porte e legge: Segreteria!
Per un attimo si sente confuso, torna in dietro, riconta fino a quattro leggendo tutte le targhette su ogni porta e la quarta dice inequivocabilmente: segreteria. Dell’ufficio protocollo neanche l’ombra.
Allora bussa alla porta della segreteria, si affaccia e si schiarisce la voce,
Le due donne sedute davanti ai computer devono essere sorde e cieche perché continuano a fissare davanti come se non fosse entrato nessuno.
Gino azzarda un flebile: scusate.
La più vicina finisce di digitare una frase. La rilegge quindi si decide ad alzare lo sguardo verso il nuovo entrato.
Desidera?
Scusate, cerco l’ufficio protocollo.
E’ al piano di sotto. La risposta è perentoria e il tono arrogante.
Gino si vergogna dell’errore e si ritira arretrando.
Poi torna alle scale.

L'ufficio protocollo.

L'ufficio protocollo è effettivamente al secondo piano come ha modo di verificare Gino scendendo le scale di un piano, prendendo il corridoio di sinistra e contando quattro porte.
Gino bussa e attende. Nessuna risposta. Attende mezzo minuto poi bussa nuovamente. Silenzio.
Che cosa fare? Mica si può entrare negli uffici pubblici senza un esplicito invito. Nemmeno può restare nel corridoio in attesa che succeda qualcosa, si dice l'uomo, che ha preso coraggio e decide di aprire la porta e chiedere informazioni.
Abbassa la maniglia, apre la porta e infila la testa lasciando fuori il resto del corpo.
Con sorpresa si accorge che l'ufficio è vuoto. Non fa in tempo a ritrarsi che una voce brusca lo sorprende alle spalle.
Che cosa fa lei, non si può entrare!
Gino per la seconda volta si vergogna come se fosse un ladro. Balbetta delle scuse e mostra il suo foglio.
Ma questa domanda non va bene scritta così.
Gino ha un brivido. Che cosa devo fare? Chiede.
Lei deve presentarla compilata sull'apposito modulo.
E dove lo trovo l'apposito modulo?
Un momento che sento l'ufficio anagrafica.
La porta si richiude sul naso di Gino che vorrebbe dire che dopo tre ore di agonia non se la sente di aspettare in un corridoio vuoto davanti una porta chiusa, che è stanco e nervoso e vorrebbe qualcuno che gli parlasse guardandolo in faccia, che gli spiegasse...
La porta si riapre, l'impiegato si affaccia e porge il foglio di carta a Gino, fa un sorriso.
Penso di poterla aiutare, signore.
Gino sorride a sua volta, incredulo.
L'impiegato spiega a Gino che ha mandato una mail ad un collega che gli invierà sulla posta elettronica il modulo appropriato cosicché Gino, una volta stampato, potrà compilarlo e portarlo nuovamente agli sportelli al piano terra.
A Gino il sorriso si spegne.
Deve solo attendere che il collega spedisca la mail.
Gino chiede dove deve aspettare e l'impiegato gli spiega che al primo piano c'è una piccola sala d'attesa per il pubblico. Dovrà attendere solo dieci, venti minuti e tornando troverà il suo modulo pronto e stampato.
Così Gino scende di un piano e trova subito la saletta. Prima di sedersi guarda fuori dalla finestra e si accorge che il cielo che prima era luminoso ora si va coprendo di gonfi nuvoloni scuri.

E' quasi ora di pranzo ma Gino che non ha nessuno a casa che lo aspetti, decide di prendere un cappuccino alla macchinetta distributrice li, mentre attende.
Il cappuccino è bollente e Gino perde più minuti del previsto.
Si riscuote e decide che è ora di tornare al protocollo.
Lentamente torna alle scale e sale due piani.

Poi conta quattro porte e si ritrova davanti alla segreteria!


Il modulo giusto.

Gino legge la targa sulla porta. Segreteria.
Rimane con il braccio alzato a mezz'aria mentre si rende conto di avere sbagliato piano.
Non sa se essere arrabbiato con se stesso, preoccupato per una sua potenziale demenza o se mettersi a ridere.
Pensa che se esprimesse tutte queste emozioni contemporaneamente, qualcuno vedendolo chiamerebbe un'ambulanza.
Scende mesto le scale e ritrova l'ufficio giusto. Il percorso gli sta diventando familiare.
Bussa alla porta e attende.
Nessuna risposta.
Bussa nuovamente.
In quel momento passa una persona e vedendo Gino fermo davanti all’ufficio protocollo chiuso si premura di avvisare che gli impiegati di quella stanza vanno puntualmente in pausa pranzo tutti i giorni alla stessa ora, cascasse il mondo.
Gino alza flebile una protesta, mi avevano detto che avrei avuto il modulo giusto...
Non si preoccupi, lo rassicura l'uomo. Torneranno nel giro di mezz'ora.
Gino resta solo, nel corridoio, senza modulo e con poche speranze di averlo.
Allora prende una decisione, andrà via senza presentare la domanda e se ci saranno problemi pazienza...
Scende le scale, attraversa l'atrio e prima di uscire in strada getta lo sguardo verso la sala d'attesa vuota. Una cosa attira la sua attenzione. Su un sedile è stato abbandonato un quotidiano accuratamente ripiegato.
Gino devia e va a raccogliere il giornale. È quello del mattino, di quel tizio col cappotto verde.
Ma sì, pensa, magari passo il tempo leggendo il giornale e aspetto che tornino gli impiegati. Tanto la mattina è ormai persa.
Gino mette il giornale sotto il braccio e torna nuovamente fiducioso verso la saletta al primo piano.
Attorno a lui dipendenti dell'ente scendono le scale, vocianti, diretti fuori per il pranzo.
Una cameriera col grembiule di un bar esterno gira con un vassoio in mano per raccattare dai vari uffici le tazze usate per le colazioni estemporanee.
Gino si siede su uno scomodo sedile di plastica bianca, apre il giornale e si mette a leggere.

Notizie politiche, cronaca nazionale, cronaca cittadina, spettacoli, cultura, pagine sportive, quando non rimane che il cruciverba Gino sente il rumore dell'ascensore e si riscuote dal torpore in cui era precipitato.
Ripiega il giornale, lo mette in tasca e torna per l'ennesima volta all'ufficio protocollo.



L'antro della bestia.

L'impiegato dell'ufficio protocollo spiega gentilmente a Gino che non ha ricevuto ancora la mail del suo collega e non sa come aiutarlo.
Gino vorrebbe non essere mai uscito da casa.
Il collega che ha ascoltato dalla sua scrivania, improvvisamente si alza e richiama l'attenzione dei presenti.
So come fare!
Gino si commuove.
Telefono alla signorina Collolungo dell'ufficio relazioni col pubblico.
Chi? Chiede il collega.
Chi? Vorrebbe chiedere Gino, ma non gli esce la voce.
Si, la signorina Collolungo, la titolare dell'URP, quella acida con una voce da soprano che nessuno sopporta...
E secondo te come può aiutarci?
Lei ha tutti i moduli esistenti, ha un archivio aggiornatissimo, è maniacale in questo, lo sanno tutti.
Il mio collega ha ragione, vada alle relazioni con pubblico e si faccia dare il modulo xz39, poi torni qui che la aiutiamo a compilarlo.
Gino vorrebbe piangere ma si limita a chiedere indicazioni per trovare l'URP.
Mentre l'altro telefona alla Collolungo il primo impiegato spiega:

Sportello 41, scala b, terzo piano.
Gino lo fissa con labbra tremanti.
Allora l'impiegato s’impietosisce e precisa, scenda fino al piano terra, poi oltrepassa l'atrio, prima di arrivare nella sala d'attesa vedrà un corridoio molto lungo, lo prenda, alla fine troverà quattro scale, prenda quella contrassegnata dalla lettera b, vada al terzo piano, poi è semplice bussi alla porta n.41.
Oppure segua la voce, scherza il secondo collega.
Gino ringrazia e con gambe malferme esce dall'ufficio protocollo.

La signorina Collolungo è una sessantenne magrissima, con una crocchia di capelli grigi, occhiali spessi e tenendo fede al cognome, il collo abnorme. Fissa con sguardo astioso Gino, sembra quasi provare odio ma non può fare finta di non capire come fa normalmente per liquidare l'utenza, perché ha parlato con l'impiegato del protocollo.
E poi la richiesta è chiara e semplice.
Modulo xz39.
Gino ha il terrore di quella donna, non vede l'ora di uscire dalla stanza.
Lei non smette mai di fissarlo, anche mentre trova con gesti secchi e precisi il modulo tra centinaia di dossier impilati disordinatamente.
Tende il foglio di carta e Gino nell'afferrarlo quasi esce correndo.
Altro che sportello 41, l'antro della bestia!
Piano piano, cercando di controllare il respiro affannato, Gino scende le scale per poi risalirne altre e tornare di nuovo all'ufficio protocollo.

Il modulo è compilato e controllato dai due impiegati, Gino vorrebbe abbracciarli.
Ora cosa devo fare?
Semplice, rispondono i due come gemelli siamesi, scendere al piano terra agli sportelli, prendere il numero e consegnare la domanda quando sarà il suo turno.
Gino ammutolisce.
Non so come ringraziarvi. Riesce a sussurrare con voce spezzata.
Suvvia non è nulla, fa il primo impiegato. Facciamo solo il nostro lavoro, aggiunge giulivo il secondo.
Gino torna al piano terra, attraversa l'atrio, entra nella sala d'attesa che nel frattempo si è riempita per le attività pomeridiane e prende il numero: 32!
Guarda il display che gli rimanda una triste verità, stanno passando l'utente numero tre.
Gino vede una sedia libera e ci si lascia andare sopra.
Ha il giornale in tasca ma non ha forza per leggere. Guarda l'ora e scopre che sono passate le quattro del pomeriggio.

Quando Gino esce dall'edificio è stremato. Il cielo sta diventando buio.  
Gino si siede sui gradini in pietra davanti il grosso portone d'ingresso.
Poi vede che sta passando un tizio con un cappotto e lo chiama.
Scusi, credo che questo sia suo.
Gli porge il giornale.
Ci conosciamo? Chiede l'uomo.
Ci siamo incontrati stamattina in questo palazzo.
L'uomo lo guarda stranito. Ma lei sta uscendo ora! Ha passato la giornata li dentro?
Già. Riesce solo a dire Gino.
Cosa doveva presentare, qualcosa di veramente molto importante! Azzarda l'uomo col loden verde.
No, niente di speciale.
Un’autocertificazione per avere una giornata di permesso dal lavoro, sa, stamattina era davvero una giornata bellissima.
L'uomo col loden verde guarda Gino con commiserazione.
Mi stia bene. Buona sera.
Buona sera a lei. Risponde Gino.










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