sabato 6 giugno 2020

acqua e fuoco











Ho, di recente, letto un saggio che mi ha molto fatto pensare. 

Siamo consapevoli delle conseguenze che le nostre azioni, decisioni, prescrizioni hanno sugli altri? Probabilmente no, o di certo non sempre. 

Si possono usare modi gentili per indurre qualcuno a produrre azioni sbagliate o malvage. Al contrario con maniere sgarbate e perentorie si può persuadere uno a fare una cosa corretta e giusta. 

Qual è la differenza? 

Il risultato ma non solo quello. 

Se si vuole raggiungere a tutti i costi il target prefissato, è lecito utilizzare modi aggressivi? 

Se pensiamo di sì e lo facciamo, raggiungeremo il risultato atteso ma le persone saranno scontente. 

Diversamente, se il risultato è irrilevante, si potrà utilizzare la gentilezza, non si otterrà alcunché ma le persone si sentiranno felici. 

Quindi la questione è cosa si vuole ottenere e in quanto tempo. E quanto teniamo al benessere altrui. 

E’ meglio ricordare che è inutile chiedere cose irrealizzabili. Non posso esigere da un pesce rosso di arrampicarsi su un albero, potrebbe sembrare una banalità ma questa semplice regola è fondamentale se si vogliono gestire persone, e vale per ogni tipo di gruppo, familiare, amicale, lavorativo. Quando si danno indicazioni o s’impartiscono ordini, è necessario essere affidabili e chiari. Se impartiremo ordini confusi, saremo la causa della confusione di chi li eseguirà. 

Nel menzionato celebre saggio “L’arte della guerra” l’autore ci insegna che: “Truppe disorganizzate indicano che il comandante non ha autorità” e noi che viviamo la modernità ci preoccuperemo oltre che dell’autorità anche dell’autorevolezza. 

Il segreto, che poi tanto segreto non è, sta nel definire che chi governa e chi è governato abbiano il medesimo intento. 

E’ fondamentale conoscere inoltre chi ci sta attorno e chi è amico, ma anche chi ci osserva da più lontano senza benevolenza. E’ importante capire i piani delle persone se si vogliono stringere alleanze e concludere affari. 

Provo a fare un esempio. 

Osserviamo due uomini discutere animatamente, ci accorgiamo dei segnali corporei che l’uno invia all’altro. Se non si è ciechi, si potrà capire se la discussione terminerà con un accordo oppure se degenererà in un litigio. Poniamo che la zuffa li faccia rotolare sulla riva scoscesa di un fiume e questi, perdendo l’equilibrio caschino su una barca lasciata sulla riva e finiscano così in balia della corrente. Poniamo che essi avvertano presto il rumore delle rapide. Non cesseranno forse di litigare per governare la barca e raggiungere lo scopo comune, quello di ritrovare il riparo a riva prima di finire nelle acque vorticose? Stringeranno presto un accordo tacito, secondo il quale dall'aiuto prestato all’altro deriverà un vantaggio personale. E appena toccata terra, questi due cosa faranno? Ricorderanno quanto sono stati preziosi l’uno all’altro, o ripenseranno al precedente disaccordo e torneranno a discutere? 

Ecco perché per conoscere le persone è indispensabile osservare i segni. 

Occorre essere come fuoco, che scalda e conforta chi sta attorno ma all’occorrenza brucia e divora chi ha l’ardire di avvicinarsi troppo e toccare con mano. 

Bisogna essere come acqua e riposare placidi se tutto intorno è calmo e fermo, pronti a creare flutti pronti a invadere e inondare laddove si trovino punti di cedevolezza. 

Ebbene, meglio essere tutto, fuoco all’occorrenza ma anche acqua. Meglio saper osservare e interpretare i segnali. Meglio saper riconoscere le persone senza nascondersi davanti ai pericoli, senza avere timore di prendere dei vantaggi. 

Non essere troppo spaventati dai nemici, in definitiva ma nemmeno aver paura di avere amici, persone fidate che non si vedono e non occupano i primi posti tra chi ci sta attorno, ma saltano fuori quando abbiamo più bisogno. 

E ci sono quando sappiamo di essere fragili.











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