sabato 16 maggio 2020

Allo specchio












Carlotta stacca un batuffolo di cotone. 

Come sempre le viene il solletico al naso ma si sforza di non starnutire. Sa che le farebbe aumentare il dolore e che farebbe svegliare il suo uomo che sta riposando sul divano. 

Strizza le ultime gocce di disinfettante sul batuffolo e lo passa sul livido con tocco leggero. Brucia e le spreme una lacrima ma lei è abituata alle cose che bruciano e non ci fa caso. 

Carlotta sa di essere una donna forte, se non lo fosse, non potrebbe sopportare la vita che fa. 

Oggi il cielo è strano, coperto da nuvole grigie e pesanti d’acqua che lasciano passare una luce incerta. La stanza è invasa da un’atmosfera sospesa e la figura che appare allo specchio della parete sembra quella di un’altra donna. 

Quella non sono io, pensa Carlotta. 

Io non ho quei graffi sulla guancia. Non ho quel segno blu sotto l’occhio, non ho quel gonfiore sul naso e mentre lo pensa altre lacrime colano, rendendo la realtà oscillante e opaca. 

Mentre pensa queste cose alza una mano e allunga due dita a toccare la superficie dello specchio per accertarsi della propria esistenza. Si aspetta di sentire il freddo del vetro sui polpastrelli quando le dita affondano come nell’acqua, creando onde circolari e rendendo tremula l’immagine. 

Dall’altra stanza giunge il suono di un russare profondo, Carlotta ne ha repulsione e farebbe qualunque cosa per fuggire, così non esita, alza un piede e scavalca la cornice dello specchio per entrare in quell’acqua che la riflette. Chiude gli occhi mentre attraversa la parete e mentre pensa, sono impazzita, li riapre trovandosi nella sua camera. 

Già, dove mai credevo di essere… solo che ora la luce è cambiata, il sole del mattino s’infila in casa penetrando la trama delle tende. L’odore del caffè inonda la stanza, nero e forte, buono. 

La voce del suo uomo la chiama a bere il caffè. 

E’ una voce calda e profonda, tranquilla. 

Carlotta si gira un momento verso lo specchio e non si sorprende nel vedere che il suo viso è sano, privo di segni. 

Quanto ti amo, le mormora lui passandole la tazzina. Le carezza il viso con dita prudenti e le sussurra: hai una pelle bellissima e un odore buono come il pane sfornato. 

Lei lo fissa, non è diverso eppure ha qualcosa di nuovo, forse la voce, forse questo modo di usare frasi sdolcinate, non lo ha mai fatto prima. Beve il caffè scottandosi le labbra. Lui la bacia veloce e scappa, devo andare, sono in ritardo ed esce dalla stanza. 

Carlotta resta seduta al tavolo, incredula e stranita. Le gira un po’ la testa, sente ancora il respiro del suo uomo e il sapore di caffè sulla bocca, si sfiora il naso, non avverte dolore. 

La cucina è la solita ma più luminosa. 

Sul pavimento non vede i cocci dei piatti rotti prima, forse li ha puliti lui, e mentre lo pensa, sa già che è impossibile perché dormiva. Lui non avrebbe mai pulito i resti di una litigata, mai. Forse non ci sono mai stati. 

Tutto è in ordine. Apre uno sportello e si accorge che mancano le bottiglie, il bourbon, il gin, la vodka, c’erano almeno cinque bottiglie di liquori, tutte a metà. Ora la dispensa è piena di biscotti. Carlotta non capisce, non ricorda di averli comprati, Va in bagno e il lavandino è pulito. Nell’armadietto il flacone del disinfettante è nuovo, mai aperto. 

Torna in camera, il letto è rifatto e lo specchio è li, al suo posto sulla parete. 

Carlotta ne ha paura, anzi è terrorizzata da quello specchio. E guardando la sua immagine ha già capito cosa vuole fare, cosa deve fare. 

Afferra una scarpa e pianta con forza il tacco al centro dello specchio, riducendolo in mille piccoli pezzi, mille schegge dove s’infrange la sua immagine. 

Mentre pulisce i frammenti dal pavimento, vede la vecchia se stessa che la fissa innumerevoli volte, con distacco. 

Lei raccoglie tutto con la paletta ed è felice di non doverla vedere. 

Spalanca la finestra, osserva il cielo azzurro e sa che non la rivedrà mai più. 







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