sabato 28 dicembre 2019

luoghi insoliti: La letterina

luoghi insoliti: La letterina: “Caro Babbo Natale, anche quest'anno ti scrivo la mia letterina.  Ora scriverò bene, non come un anno fa, perché dice...

La letterina







“Caro Babbo Natale, anche quest'anno ti scrivo la mia letterina. 

Ora scriverò bene, non come un anno fa, perché dice la maestra che anche se non faccio mai i compiti, sono migliorato. 

Per iniziare vorrei chiedere qualcosa per la mia mamma, un'apparecchio come quello del nonno, per riavere un udito normale, perché non sente mai cosa dico e se le parlo della mia giornata a scuola non riesce mai a essere attenta. Deve proprio sentirci poco perché anche papà è costretto a gridare forte quando le parla e spesso si stanca e perde la pazienza e quando esce dalla stanza dice tante parole che a me non è permesso pronunciare. 

A proposito di mio padre, a lui porta una mazza da baseball nuova, perché quando giro in auto con lui, suona in continuazione il clacson e urla contro di tutti promettendo di far testare loro il suo vecchio bastone. Deve avere un mucchio di amici, anche se io non l'ho mai visto giocare a baseball… 

Caro Babbo Natale, fa che quest'anno la nonna stia meglio e la sua distrazione diminuisca, così ricorderà la ricetta giusta dei dolcetti che piacciono tanto a papà e fa che quest’anno non ci metta dentro le sue gocce per andare in bagno come ha fatto un anno fa, io ho visto che lo faceva ma non ho detto niente per non dispiacere alla nonnina ma il papà è stato seduto sul water per quattro ore filate e dopo c'era una puzza tremenda in tutta la casa e la nonna ridacchiava con la voce stridula uguale a quella della strega di Biancaneve. 

A mio fratello grande puoi regalare un cellulare nuovo? Così smette di portarne a casa ogni giorno cinque o sei, nascosti nello zaino sotto il letto in camera sua, che poi non devono funzionare perché nel giro di due ore li ha già piazzati ad altri gonzi come lui. 

Babbo Natale porta al nostro vicino un paio di occhiali nuovi perché quando ci incrocia sulle scale scambia sempre la mamma per sua moglie e più di una volta le ha fatto una lunga carezza, dalla schiena in giù, deve vederci davvero poco ma la mamma è stata così educata da non lamentarsi per non dargli un dispiacere. 

Caro Babbo Natale, vorrei che questo Natale passasse tranquillo e vorrei anche che lo zio non bevesse troppo vino e non cercasse di sfidare il nonno a pugilato anche perché il nonno ha la pressione alta e poi finisce come l'altra volta in ospedale e la mamma dà in escandescenze mentre aspettiamo e insulta la dottoressa che poi è Natale anche per lei e lo deve passare a curare mio nonno che non è proprio la persona più simpatica del mondo, quindi ha già le sue pene prima ancora di conoscere la mia famiglia. 

Anzi già che ci sei porta una confezione di camomilla per il nonno così si rilassa e tratta tutti meglio. Per esempio smette di recitare tutti i santi del calendario ogni volta che qualcuno gli cambia canale tv, oppure non grida più come un indemoniato al citofono quando suonano i rappresentanti di scritture sacre… 

Babbo Natale, porta anche qualche trucco, non so, rossetti, ciprie e pennelli per gli occhi, quelle cose lì insomma, per la mia mamma che da quando esce la sera con le amiche (mentre il papà forse gioca a baseball) ne fa un largo uso. 

Caro Babbo Natale, portami anche quei sette-otto giochi che ho segnato sul volantino dell’ipermercato e fai veloce, in cambio ti prometto che m’impegnerò a far scendere la popolarità a quel bambinello che è nato proprio nel giorno di Natale, che va di moda in classe e che ti deve fare una gran concorrenza, che poi essendo nato così tanti anni fa ora deve essere vecchissimo altro che bambino, ci penso io a convincere i miei compagni, specialmente se il babbo mi presta la sua mazza da baseball…”. 



Ciò che è stato di quel bambino non lo sappiamo, certo sarà cresciuto, forse sta parcheggiando il SUV sul marciapiede sotto casa vostra o in un posto per disabili, forse vi sta proponendo un contratto fallace, forse starà molestando una ragazzina… ciò che sappiamo è che non ha mai ricevuto i suoi regali perché si era dimenticato di spedire la letterina oppure perchè lo ha chiesto a sua madre che se n'è scordata. 

Forse è per questo che ha dovuto crescere con tutta quella rabbia repressa. Forse è per questo che non ama il Natale. Forse è per questo che non ama nessuno. 
Forse restare senza regali lo ha riempito di vuoto e questo tipo di vuoto è difficile da riempire.

Se lo incontrate potete fargli gli auguri di buon Natale.
Ma non fatelo innervosire. 

Perché la mazza da baseball, alla fine, ha pensato di comprarsela da solo. 







mercoledì 11 dicembre 2019

luoghi insoliti: Il gattopardo furioso

luoghi insoliti: Il gattopardo furioso: "I siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti.  La loro vanità ...

Il gattopardo furioso










"I siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti. 

La loro vanità è più forte della loro miseria, ogni intromissione di estranei sconvolge il loro vaneggiare di raggiunta compiutezza, rischia di turbare la loro compiaciuta attesa del nulla. 

Calpestati da una diecina di popoli differenti essi credono di avere un passato imperiale che dà loro diritto a funerali sontuosi. 

Crede davvero lei, Chevalley, di essere il primo a sperare di incanalare la Sicilia nel flusso della storia universale?" 


Così scrisse Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel suo capolavoro "Il gattopardo ". 

Non ce ne vogliano i nativi di terra di Trinacria ma è nero su bianco, gli scettici vadano pure a leggere. 

Conosciamo un tizio che con tale realtà ci convive da tempo immemore e alla fine è dovuto scendere a patti anzi è stato scottato come una persona dalla pelle pallida si ustiona restando sotto il solleone per tante, troppe ore. 

Chi siamo noi e, se ci permettete, chi è costui, quindi, per confutare tali tesi, soprattutto poiché la sua personale esperienza rafforza la condizione sopra descritta e da tale descrizione ne è rinforzata la sua opinione? 

Lui non può e non vuole cercare di mitigare il severo giudizio espresso dal celebre autore di cui sopra e noi ci limitiamo a riportarlo. 

Certo, essendo la sua pelle (e il suo animo) ustionati, non è la persona più adatta, quella che può emettere un giudizio a cuore leggero, non potrebbe esprimere opinione a mente serena e lucida. 

Egli è stato intaccato, nel momento della convivenza, dal corrosivo acido dell’acredine e del malessere, causato da una situazione di bisogno che da momento temporaneo di difficoltà si è trasformata in emergenza assoluta e prolungata. 

E senza via d’uscita è stato catapultato, insieme ai suoi beni e ai suoi cari, in un tunnel tetro e buio in cui non riusciva a respirare liberamente né a vedere la luce dell’alba. 

Ed è stato vittima e prigioniero di chi con aggressività verbale e isteria l’ha circondato, con personalità paranoide e alterata affettività l’ha sedotto, con fastidiosa ecolalia e rigida inflessibilità l’ha imbrigliato. 

Tutto inutilmente nascosto da un’iperbole gastronomica fastosa quanto indigesta. 

E ha dovuto stringere e digrignare i denti sopportando la pesante presenza di una personalità antisociale, affetta da un’idea alterata di perfezionismo, tipici del disturbo ossessivo e compulsivo. Ha dovuto dividere le sue giornate e convivere con una presenza irritabile, caratterizzata da una stereotipia verbale, una figura dall’autostima ipertrofica degna della definizione data dal principe Tomasi e sopra riportata. 

Notti insonni e lunghe e torride giornate condite da personaggi gattopardeschi, affastellata da alterazioni e oscillazioni d’umore, difficoltà di relazione e complicata dalla ridotta capacità decisionale. 

Ridotto al mutismo da una sovrastante e altrui eccessiva loquacità, il nostro tizio ha passato lunghi pomeriggi ed eterne sere a osservare questa persona affetta da ingigantito amor proprio, pronta a mordere per qualunque commento considerato eccessivo o fuori luogo o anche solo incompreso dato che a volte non è il significato reale del discorso a offendere ma solo ciò che il nostro limitato intelletto ne estrae. 

La persona vittima di questo increscioso incidente, comprende di essere unicamente responsabile di ciò che dice e di non esserlo per ciò che gli altri, a causa del loro stesso limite, capiscono, ma sa anche bene che le uniche cose che non potranno essere fraintese sono il silenzio e l’oblio. 

Anzi, a ben pensarci anche il silenzio potrà essere frainteso e lo sarà senz’altro da una mente così definitivamente contorta e raffinata e avvezza a vedere ovunque il male. 

Rimane l’oblio che il nostro uomo ci chiede per se e per chiunque sia stato a conoscenza e in contatto con gli eventi descritti. E l'amore per una terra poco conosciuta ma molto apprezzata che egli sa essere incolpevole di quanto accaduto.

Unico riparo e consolazione, ci rimane, il costatare che la stessa terra diede natali a innumerevoli persone sagge e illuminate (non che Tomasi di Lampedusa non lo fosse, per carità) che con le loro quiete parole hanno saputo curare le ferite e lenire i dolori dell’incauta vittima di questa triste storia. 

E il pensiero che codeste calme parole e l’oblio desiderato abbiano contribuito a lenire e a guarire le dolorose ustioni. 



























domenica 8 dicembre 2019

luoghi insoliti: Diventare come bambini

luoghi insoliti: Diventare come bambini: Antonio prende lo spazzolone e colma il secchio d’acqua. Ultimamente gli tocca lavare il pavimento anche due volte al...

Diventare come bambini










Antonio prende lo spazzolone e colma il secchio d’acqua.

Ultimamente gli tocca lavare il pavimento anche due volte al giorno. 

Anche stasera l’ultimo boccone è stato fatale, pensa.

Non sa più come fare. Suo padre è sempre peggio, ora ha preso l’abitudine di tenere in bocca il cibo senza né masticare né deglutire, e capita che questo gli stimoli il vomito.

E puntuale, il babbo ha vomitato la cena, sporcando la tuta, la carrozzina e il pavimento.

Antonio fa un sospiro, schiude la finestra di due centimetri perché l’odore è tremendo, e si prepara al lavoro.

Qualche mese, anche solo qualche settimana prima, avrebbe gridato, avrebbe inveito contro il genitore, gli avrebbe urlato che così non si fa, non è giusto, così non si può andare avanti… ora Antonio ha capito che urlare e perdere la calma serve solo a spaventare il vecchio, a farlo arrabbiare, oppure a provocare una reazione peggiore.

Se c’è una cosa positiva, è che il padre di solito dorme come un ghiro e Antonio non può permettersi di sciupare quelle ore preziose, sgridando l’uomo e causando magari un’insonnia che pagherebbe lui in prima persona.

Sospira e passa lo straccio sul pavimento e ogni tanto lancia un’occhiata a suo padre che dalla sua sedia a rotelle, con la tuta sporca, gli rimanda uno sguardo innocente.

-Cosa hai combinato? gli chiede con un’ironia priva di cattiveria.

Il vecchio non risponde ma fa un sorriso senza denti che fa ridere Antonio.

Che malattia di merda, pensa mentre gli sfila la tuta con una smorfia di disgusto. Che vita di merda, si dice con poca pietà. Un uomo che non c’è più, una persona brillante e autorevole, attiva e impegnata in mille progetti, un uomo testardo e autoritario sparito, scomparso in pochi mesi, sostituito da un bambino imbecille che se la fa addosso e non ricorda niente e nessuno.

Antonio non si concede spesso il lusso di lamentarsi e di rimuginare sulla situazione ma ogni tanto cede e gli scappa un pensiero come questo.

Da anni non crede più a niente, non sa che fine abbia fatto la sua fede e a dire la verità non se ne preoccupa ma oggi vorrebbe poter credere per addossare la responsabilità a un dio malevolo e dispettoso piuttosto che a qualche migliaio di cellule nervose ridotte in poltiglia da un’emorragia capitata nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Vorrebbe avere a disposizione un’Entità Superiore alla quale rivolgersi, con la quale prendersela ma sa che non è così e tutto ciò che gli resta da fare è passare lo spazzolone sul pavimento per rimuovere il vomito.



Suo padre approfitta della vicinanza di quell’uomo che lava il pavimento per allungare il braccio e dargli una carezza sulla testa.

Antonio lo sente e si blocca, non capisce da dove nasca quel residuo d’istinto paterno, forse è solo un ancestrale bisogno di contatto che hanno tutti gli esseri viventi, non solo le persone, e dopotutto suo padre è tornato a essere un Homo sapiens, fatto d’istinti di sopravvivenza, un uomo che non sa più nulla dell’economia nazionale, dei movimenti di rivoluzione, dei mercati, del prezzo della benzina, della scadenza dell’ICI e dei problemi della scuola e della sanità, degli Oscar del cinema e di internet ma che pensa solo a mettere qualcosa nello stomaco, a cagarsi addosso, a dormire e a stare al caldo. 

E ogni tanto a provare a dare e a ricevere una carezza.

Antonio attende dieci minuti e mentre il pavimento si sta asciugando, va a prendere un maglione pulito e cambia suo padre. Poi gli passa una salvietta profumata sulla pelle ruvida e secca pensando che è di nuovo ora di radergli la barba.

Da quando assiste suo padre, la sua vita è scandita da tempi altrui, l’ora della pappa frullata, l’ora di tirarlo su dal letto, l’ora del cambio del pannolone, l’ora della fisioterapia, l’ora dell’igiene… ogni tanto si guarda allo specchio e si ricorda che anche lui ha diritto ad avere delle ore personali ma queste sono meno pressanti, meno importanti.

Il vecchio si lascia infilare il maglione, ultimamente è diventato docile come un cagnolino e a parte un po’ di rigidità articolare, Antonio lo cambia senza difficoltà.

-Stai meglio adesso? Vuoi provare a mangiare un budino?

Il vecchio fa sì con la testa e torna a fare quel suo sorriso sdentato, un po’ come fanno anche i neonati per una volontà innata di piacere e di essere accettati, accuditi e amati.

All’improvviso ad Antonio torna in mente quando era bambino e andava al catechismo per fare la prima comunione. Ricorda che c’era stata una lettura che lo aveva fatto sorridere e lo aveva colpito. Secondo l’evangelista Matteo, Gesù aveva sostenuto che occorrerebbe tornare come bambini per accedere al regno dei cieli.

Senza motivo, mentre suo padre apriva la bocca come fa un uccellino per cibarsi, e ingoiava il suo budino, ad Antonio torna alla memoria quella frase, anzi gli lampeggia chiara nella mente come un’accecante insegna luminosa, e all’istante crede di capire.

Ecco cosa è successo a suo padre, l’uomo che teneva tutti sotto i suoi piedi, che aveva diretto la sua famiglia come si dirige un’impresa, era finalmente riuscito a ridiventare come un bambino.

Ecco, si dice Antonio, forse è tutto qua.

Suo padre ingoia un’altra cucchiaiata di budino, lo guarda con occhi vacui e dolci, poi torna a spalancare la bocca.











mercoledì 4 dicembre 2019

luoghi insoliti: L'appuntamento

luoghi insoliti: L'appuntamento: Sono le venti e cinquanta. I lampioni inondano la piazza della loro liquida luce, colorando tutto di arancione. Gianni sa di esse...

L'appuntamento












Sono le venti e cinquanta.

I lampioni inondano la piazza della loro liquida luce, colorando tutto di arancione.

Gianni sa di essere arrivato con largo anticipo e si è preparato ad aspettare.

L'appuntamento è per le nove e un quarto, davanti alla fontana.


Se ne sta li, con le mani infilate nelle tasche dando le spalle a una vetrina, a guardare un po’ verso destra, in direzione di via del Lavatore, un po’ a sinistra verso via delle Muratte. Il suo vecchio amico non può sbagliare, piazza Fontana di Trevi la conosce tutto il mondo.

A quest’ora la piccola piazza non è ancora affollata ma già i presenti nascondono la vasca con l’acqua alla sua vista. Gianni osserva ammirato quella minuscola ma bellissima rappresentazione del mare, col dio Oceano, imponente e muscoloso, in piedi sul suo cocchio a forma di conchiglia.

Era stato sorprendente e facile allo stesso tempo, ritrovare su Facebook il suo vecchio commilitone Giulio, il suo caro amico, suo fratello di naja.
Gianni aveva riconosciuto la faccia allampanata dell’amico, sotto i capelli che si erano brizzolati e un improbabile quanto sghembo pizzetto sul mento.

Giulio viveva fuori Roma, questo almeno era quanto ricordava Gianni dai tempi della vita in caserma, quasi tre decenni prima, e quando si era ritrovata davanti quella faccia così familiare, era stato come se un fantasma fosse apparso all’improvviso dal passato.

Lo aveva già cercato alcune volte, nei rari momenti di malinconia e nostalgia di un tempo che non esisteva più, ma non era riuscito nell’intento. Era evidente che Giulio si era affacciato di recente sul vanaglorioso mondo dei social, dove tutti vivono vite perfette e sono semidei, perché non vi aveva trovato molte informazioni personali né altre fotografie.

Stare li fermo, a osservare la calca dei turisti via via più caotica, lo faceva sentire in imbarazzo e con un vago e inspiegato senso di colpa.

Sono quasi le nove, Gianni non riesce a trattenersi dal guardare l’orologio e si chiede il perché di questa specie di ansia. E’ presto, l’amico arriverà più tardi, si abbracceranno, torneranno a ricordare stupidi particolari della vita di caserma, andranno a mangiare una pizza e parleranno, ma non troppo, delle loro vite attuali e poi si saluteranno con la promessa illusoria di risentirsi di tanto in tanto. Niente di così speciale o complicato, si rassicura…

Ma il senso d’inquietudine non diminuisce.
Una specie di pena che sa essere legata all’appuntamento.
Ecco cos’è.

Gianni sa che gli appuntamenti non sono una cosa facile. Occorre essere preparati, farsi trovare pronti, esserci.

E gli tornano in mente i momenti in cui non si era preparato o più semplicemente non si era fatto trovare. 

Come con la sua ex che non sentiva di amare ma non aveva il coraggio di parlarle, di essere sincero e aveva mancato una serie d’impegni presi con lei così da costringerla ad allontanarsi e fare in modo che fosse lei, esasperata, a lasciarlo.

Come quando aveva avuto un’opportunità di avanzamento di carriera, ma per pigrizia o per vigliaccheria, aveva ritenuto inutile studiare e prepararsi, lasciando che un altro ottenesse la promozione al posto suo.

Quanti appuntamenti nella vita era stato capace di programmare e poi rispettare? Gianni non riusciva a ricordare, ora che i suoi occhi non vedevano l’acqua della fontana ma erano colmi di lacrime e si sentiva un idiota, fermo lì, con le mani ficcate nelle tasche a guardare la gente che chiacchierava e si divertiva e viveva.

Gli appuntamenti che aveva mancato, gli impegni che aveva disatteso stavano tornando tutti a fargli male, circondandolo e accalcandosi come i turisti attorno a quella fontana.

Ognuno di loro lo toccava, lo spingeva, gli trafiggeva il cuore come ogni persona cercava uno spazio utile per lanciarsi una monetina alle spalle ed esprimere un desiderio.

Avesse potuto esprimerlo, Gianni sarebbe voluto tornare indietro nel tempo per rispettare gli appuntamenti persi, per prepararsi meglio ma comprende l’assurdità della cosa e manda giù l’ennesimo boccone.


Sono le nove e un quarto, si è asciugato gli occhi col fazzoletto e si ripromette di lasciar stare l’orologio. Ora torna a guardare un po’ verso destra, in direzione di via del Lavatore, un po’ a sinistra verso via delle Muratte. La piazza è affollata e tanta gente passeggia nelle diverse direzioni, chiacchiera, ride, fuma e si va a fermare davanti alla vasca.

Gianni ora sa che gli appuntamenti con la vita vanno rispettati, perché altrimenti lei va avanti e non si fa scrupoli ad abbandonarti sul ciglio di una strada deserta.

Ora sa che occorre essere puntuali e preparati.

Con questo pensiero scopre che l’ansia è sparita, il nervosismo provato prima ora non c’è più e ha lasciato il posto a una sorta di serena placidità.


Continua a guardare le persone e gli scappa un sorriso, vedendo un tipo dall’aria familiare che gli viene incontro.