lunedì 29 maggio 2023

La magia di Nadine

 





 



Una delle prime volte fu quel disegno.

Intendo una delle prime volte in cui ci fu il sospetto di qualcosa.



Che la bambina fosse dotata verso l’espressione artistica era chiaro a tutti.

Quella volta Nadine rubò i pennarelli del fratello maggiore e disegnò una donna vestita di blu con un braccio enorme e viola e l'altra mano che impugnava qualcosa di pesante. Poteva sembrare una pistola ma a guardare bene era chiaro, cosa fosse.

Un ferro da stiro.

All’epoca ci voleva un po’ di fantasia a interpretare i disegni di Nadine, dopotutto aveva solo due anni ma a quell'età altri bambini riproducono solo scarabocchi…

Nessuno ci fece caso e il ritratto finì senza tanti complimenti sulla pila degli altri, in cameretta. Marchino si riprese i suoi pennarelli e il disegno fu dimenticato.

Fino a quando quella sera suonò il campanello di casa e apparve la vicina in lacrime, con un panno a coprirle il braccio e un pacchiano vestito a fiorellini piccoli su fondo blu.

Spiegò di essersi ustionata stirando, che le faceva un male d'inferno e chiedeva di essere accompagnata in ospedale.

Fu Marchino che fermò tutti dicendo:

- Come nel disegno di Nadine!



Qualche anno dopo Nadine disegnò una donna, vestita di nero, con un velo in testa.

Lo porse a sua madre Gianna e disse:

- È la zia Giulia.

Giulia era la sorella minore di Gianna, che si mise a ridere, notando che sua sorella nel disegno indossava un abito da suora. Lo disse alla bimba.

- Ma hai vestito tua zia da suora?

Nadine si strinse nelle spalle facendo la faccia tipica da bimba che ha perso l’interesse per l’argomento.

Naturalmente Gianna non avrebbe riso, vedendo la sorella ritratta da suora se avesse potuto prevedere il futuro.

Nessuno ripensò al ritratto di Nadine quando, passati vent’anni, Giulia, poco prima del suo matrimonio, abbracciò la religione Islamica e finì per indossare l’Hijab tutti i giorni della sua vita.

A differenza di questo, altri episodi furono portati alla luce.

Come quando Nadine ritrasse Alberto, il cugino di mamma, circondato da tre sacchi al suolo che, come nei fumetti, erano marchiati da un’enorme $ ed erano inequivocabilmente pieni zeppi di banconote. Gianna conservò il disegno, come faceva anche con quelli di scuola, ma lo mise in un cassetto, sicura che sarebbe successo qualcosa. Suo cugino era senza una lira e faticava a trovarsi un lavoro.

Finì che Alberto si comprò un biglietto della lotteria e un mese dopo era su una spiaggia alle Maldive con la sua nuova fidanzata.

Gianna si spaventò moltissimo e chiamò Carlo, il suo ex e padre di Nadine.

- Dobbiamo parlare di nostra figlia.

Carlo e Gianna mantenevano rapporti più che civili, si sarebbe potuto definirli amici e spesso lo erano davvero ma quella volta Carlo la prese male e s’infuriò.

Sapere che Gianna reputava la figlia una specie di fenomeno da baraccone, anche solo avere pensato una cosa del genere, lo ferì profondamente e arrivò anche a mettere in dubbio la decisione di lasciarle crescere la bimba.



Gianna provò a far vedere i disegni che aveva conservato ma Carlo non volle guardare. Così non vide il disegno dell’albero sull’auto, eseguito due giorni prima che il vecchio platano in fondo al viale si staccò dalle radici malate per finire, sfondandolo, sul tetto della vecchia Fiat di famiglia. Non vide il disegno raffigurante una bimba in lacrime, con una conchiglia che usciva dalla narice, fatto il giorno prima che la piccola Beatrice, figlia dei vicini, fu portata al pronto soccorso della località marina, dopo essersi infilata una conchiglia nel naso, interrompendo drammaticamente le vacanze dei genitori.

Gianna aveva altri esempi ma Carlo a quel punto aveva eretto un muro e fu tutto inutile.



Una volta, il nonno di Nadine, durante una barbosa cena di Natale con tutti i parenti riuniti e dopo un paio di calici di Chianti, provò a raccontare che sua suocera aveva la capacità di anticipare i fatti ma fu malamente zittito dalla moglie che non sopportava di entrare nell’argomento, in quello specifico argomento, che riguardava sua madre e i suoi presunti poteri da fattucchiera.



Nadine crebbe e verso l’adolescenza smise di disegnare e anche se l’insegnante di arte la incoraggiava a proseguire non volle sentire ragioni. Nessuno poté capire se la sua capacità fosse scomparsa o no.

Gianna la osservava ogni giorno ma niente, Nadine diventò grande e non mostrò più alcuna dote straordinaria e alla mamma rimase il dubbio.



Oggi Nadine è diventata una bellissima ventenne e, stimolata da non si sa cosa, ha ripreso a disegnare. Anzi a dipingere.

Ha esposto qualche lavoro in occasione di un evento all’università e qualcuno l’ha notato.

Fra pochi giorni sarà inaugurata una piccola mostra in un atelier giù in città e in famiglia si è sparsa la voce.

Gianna e Carlo sono felici per la figlia e accorreranno, così come gli altri parenti.

A dire la verità Gianna era preoccupata e aveva chiesto a Nadine di poter vedere in anticipo le opere che avrebbero esposto ma la ragazza era stata irremovibile.

- Le vedrai assieme a tutti gli altri.



Per quanto mi riguarda, andrò all’esposizione, non sono un esperto anzi, distinguo a malapena un olio da una tempera ma questa davvero non voglio perderla.

Più che altro sono curioso.

Voglio vedere se Nadine ha incluso delle persone nei suoi dipinti, se ha ritratto qualcuno di conosciuto.

Vorrei proprio vedere se ci sono anch’io, in un quadro.



Vi consiglio di acquistare un biglietto, la ragazza ha talento.

Potrete ammirare di certo bellissimi disegni.

E non ha prezzo sapere se in qualche modo Nadine vi ha tenuto un posto nella sua magia.



Quasi, spero di esserci.







giovedì 25 maggio 2023

Miranda in catene

 






La sala d’attesa è quasi vuota. Succede alle sette del mattino. Più tardi pullulerà di esseri umani, ma non a quest’ora.

A quest’ora arriva poca gente, solo i prenotati per visite o test. Una signorina in camice bianco entra ed esce dalla porta numero venti e sorride ai presenti cercando di dissimulare il sonno.

Due pensionate confabulano strette ai loro cappotti, un uomo tira fuori un tablet e digita qualcosa sullo schermo. Una donna abbraccia il suo bimbo che le dorme addosso, sbavando sulla giacca.

Quasi subito tutti hanno un dispositivo elettronico in mano, comprese le due anziane.

Una coppia giunge dal lungo corridoio e si lascia cadere sulle cigolanti sedie di plastica blu. Lei ha un filo di rossetto, jeans e una camicetta bianca e lisa, lui con la barba ben curata, indossa una tuta di poliestere di una marca costosa.

I primi istanti li passano in silenzio a guardarsi attorno, poi attaccano a parlare.

Anzi, lui attacca a parlare.

È sgradevole e untuoso, ci tiene a non farsi capire perché utilizza un dialetto del sud, ma s’intuisce che sta incalzando la ragazza. Lei non risponde ma è palese il suo imbarazzo e il suo fastidio. Sospira e cambia posizione sulla sediola.

I presenti mantengono un contegno, assorti dai display dei propri telefonini ma è inevitabile che sentano quello che la coppia si dice.

- Ora, mi hai fatto prenotare, a quest’ora, non ce la faccio a essere puntuale al lavoro!

- Non avevano posto in un altro orario, che dovevo fare?

- Non mi dovevo far convincere, è poco che lavoro lì, mi farai perdere pure questo posto!

Lei sospira e pensa che non è stata mica lei a far perdere gli impieghi che lui aveva trovato in passato. Diciamo che non sembra la persona più affidabile di questo mondo, se ci basiamo anche solo sull’aspetto.

Ma il giovane, nonostante il silenzio della ragazza, non ha nessuna intenzione di interrompere la sua persecuzione mattutina.

- Adesso scrivo un messaggio al direttore e gli spiego che farò tardi…

Lei cerca di fermarlo: - Aspetta, ti chiameranno in tempo, vedrai che alle nove sarai al tuo posto.

Lui ha già il cellulare in mano. – Che ne sai tu, hai sempre la risposta pronta, non mi dovevo fidare, farò tardi. Ora scrivo!

- Aspetta ti dico, almeno qualche minuto, siamo in anticipo, non possono chiamarti prima. Vedrai che saranno puntuali.

- Certo, lei sa sempre tutto! Che ne sai che sono puntuali, io scrivo e così capiranno che non è colpa mia se non arrivo…

- Aspetta, ti prego, almeno aspetta l’ora della prenotazione, come fai a sapere che ti chiameranno in ritardo, prima che sia il momento…

- Ma tu cosa ne sai di come va il mondo, certo per te è tutto naturale, tutto pulito, io ho esperienza, so quanto ci sfruttano, ci fanno aspettare, ci umiliano con quattro soldi, e tu? Tu cosa ne sai che fino a ieri stavi col culo attaccato a mammà che ti pagava tutto quanto, la colazione al bar, la pizzeria, il cinema, tutto quanto… tu non ti sei dovuta sporcare le mani, non hai dovuto sopportare un buffone di venticinque anni che ti da ordini pretendendo del lei, solo perché si è laureato!

- Ma ora, che c’entra tutto questo?

La ragazza risponde con un tremito nella voce. Forse imbarazzo o solo rabbia e frustrazione.

A questo punto i pochi spettatori stanno tutti facendo un tifo interiore e inaspettato per la giovane donna.

Sperano che lei capisca che ha di fianco un fallito e che trovi la forza per andarsene e lasciarlo alla sua misera vita fatta di lamentele e pretesti e giustificazioni.

Squilla il cellulare. Lui risponde ad alta voce.

-Si, sto alla clinica con Miranda… si è venuta pure lei… sì, certo che ti faccio sapere come va la visita… ti chiamo dopo… sì, te la saluto Miranda… ciao, ciao.

Chiude e infila in tasca il telefonino.

Lei aspetta ma il giovane rimane in silenzio.

- Era tua madre, vero?

Lui non risponde, non recapita i saluti, piuttosto continua il suo tormentone.

- Non dovevo ascoltarti, dovevo fare a modo mio. Ci perdo sempre a fare come suggerisci tu…

Miranda è talmente stanca che non ha la forza di rispondere. Le esce solo un doloroso sospiro.

Lui non è ancora soddisfatto e, infatti, prosegue.

- Ma perché non la facciamo finita, non ho bisogno di te. Non ho bisogno di nessuno…

Le persone che sono costrette ad ascoltare questo scambio penoso tra i due giovani, a questo punto non possono fare a meno di pensare: perché non te ne vai? Cosa ci stai facendo con un tipo del genere? Che colpa devi scontare? Di cosa ti stai punendo? Vattene e lascialo, liberati, fatti un favore e abbandona questa zavorra d’uomo!

Ma nessuno parla, tutti tengono la testa ben china sul proprio telefono perché è questo che oggi la gente fa, meglio non intromettersi, non cercare guai, che la ragazza se la veda da sola!

All’improvviso la porta si apre, la dottoressa in camice bianco chiama il numero del giovane e lo invita a entrare.

Lui si alza incerto e titubante e nel vedere che lei è rimasta seduta, la sua preoccupazione aumenta.

- Vieni dentro?

Lei lo fissa tranquilla.

- No.

Solo questo risponde e non aggiunge altro.

Quando lui, dopo dieci minuti esce, con un piccolo cerotto bianco sull’avambraccio, la sedia di plastica blu in corridoio è vuota.

Miranda ha preso il volo tra la soddisfazione generale e l’approvazione dei pochi presenti.

Peccato non avere avuto un pubblico più vasto, per questo grande passo, ha pensato lei, sentendosi gli occhi addosso mentre si allontanava nel corridoio.

Si è svolto tutto nel massimo silenzio.

Ma il rumore di catene spezzate, quello è stato bello forte.

Lei non lo dimenticherà più.

 

 





sabato 20 maggio 2023

Sofia, dono prezioso

 







Oggi è sabato.

Non un sabato qualunque.

Oggi è il primo sabato della tua vita.

Infatti, sei nata domenica scorsa, alle dodici e sei minuti e da quell'istante sono passati sei giorni.

Li hai trascorsi in ospedale con la tua mamma e il tuo papà perché a causa di qualche valore fuori norma, chi vi cura ha voluto, con prudenza, ritardare le vostre dimissioni.

Non posso sapere come trascorrete il tempo, non posso vedere i vostri gesti ma grazie alle immagini che giungono sul cellulare posso immaginare che cosa fate e come avete passato questi giorni.

Tutti i doni più pregiati finiscono per dover essere guadagnati con la fatica e con la pazienza e tu, che di tutti i doni sei il più prezioso, ti stai facendo attendere e sospirare da noi che stiamo a casa.

Tenerti in braccio, cullare il tuo sonno, respirare il tuo odore, ammirare il tuo viso dolce, placare il tuo pianto, prenderci cura della tua igiene e supportare e confortare i tuoi genitori nei momenti, inevitabili, di stanchezza, è tutto quello che aspettiamo di fare.

Ti aspettiamo Sofia.

Aspettare è un verbo strano, si può leggere con un’accezione negativa ma nasconde in se anche altri elementi: l’attesa silenziosa e paziente, i sospiri, l’accrescere della consapevolezza, il tentare di comprendere le proprie emozioni, l’avere fede e fiducia, l’accrescere dell’amore. 

Davanti al miracolo che ci avete manifestato, siamo rimasti ammutoliti ed ebbri di gioia e non abbiamo ancora avuto occasione di abbracciare questa nuova famiglia ma lo faremo presto e sarà bellissimo.

Quanto a te, piccola Sofia, dono prezioso, ora posso osservare la tua bellezza e l’accenno di un tuo sorriso (forse perché stai sognando la voce della tua mamma) e vedere le espressioni di felicità della tua mamma e di tuo papà quando ti tengono in braccio e sentire la voce potente del tuo pianto e ridere dei tanti berretti colorati che ti proteggono dal freddo e le tue meravigliose tutine che a volte ti fanno sembrare un piccolo puffo o un elfo o uno gnomo a seconda del colore e passo i minuti a fissare rapito le tue foto e a sognare la tua vita che verrà e a essere incredulo e felice davanti al dono che la vita ci ha fatto e a sperare di meritare tutto quanto.

So che sei una bimba fortunata perché conosco bene i tuoi genitori, so quanto si sono preparati ad accoglierti e quanto ti hanno amata dal primo momento che hanno saputo della tua presenza e la gioia che hanno voluto condividere con tutti noi.

Ti aspetto, anzi ti aspettiamo con felicità e un tremito d’impazienza.

Come si aspettano i doni più belli, come si attende il sole la mattina e tu verrai come un sole a illuminare le nostre vite e a riscaldare i nostri cuori, tu dono prezioso che abbiamo ricevuto grazie all’amore dei tuoi genitori.

Oggi è sabato.

Non è un sabato qualunque.

E rimaniamo in silente attesa.

Attesa piena di trepidazione e di amore, attesa di vedervi, toccarvi, abbracciarvi.

Attesa del dono più prezioso.

Sofia.

 




mercoledì 10 maggio 2023

Luce nel labirinto

 





L’uomo attraversa veloce la piazza.

Il suono del pianto lo sorprende da un punto alla sua destra.

La piazza gli era sembrata deserta, chi mai sta piangendo così rumorosamente?

Facendo altri due passi le vede. Due ragazze, anzi due ragazzine, avranno al massimo tredici anni. Poco più che bambine.

Una singhiozza e lacrima, il suo viso sembra una fontana. L’altra la tiene stretta e ripete con ossessione il nome dell’amica.

Luce… Luce… LUCE!

L’amica non risponde e continua a singhiozzare.

Non si sono accorte dell’uomo che attraversa la piazza e che ora le osserva.

Luce singhiozza e respira facendo lunghe pause in apnea, ha il volto livido, è in piena crisi di panico. L’amica vorrebbe stringerla a se ma lei scappa e si allontana di qualche metro.

“Aspetta, dove vai…” e Luce si ferma e permette di nuovo che l’amica la avvolga col suo affetto e la protegga col suo corpo.

L’uomo guarda davanti a se ma avverte quello che sta accadendo, sente brandelli di dialogo, capisce che Luce ha il cuore spezzato, affranto per qualcuno che la fa soffrire. Immagina l’inganno di un fidanzatino, oppure il tradimento di un amico. L’ha vista piangere, sente il suo sconforto, vede la sua anima straziarsi per il dolore. L’amica è tenace, lei scappa correndo per pochi metri e subito l’amica le ritorna al fianco e la abbranca per non farla perdere nel labirinto del suo giovane dolore.

D’improvviso l’amica di Luce guarda nella direzione dell’uomo, lui la scorge per un attimo. Il suo sguardo è duro, per nulla impaurito, è pronta a sbranare chiunque si avvicini, è pronta a mettersi contro l’universo pur di proteggere l’amica, figurarsi se teme un adulto che passa vicino.

Lui è imbarazzato e torna a guardare davanti a sé, allungando il passo. Si pente di essersi intromesso, anche solo con lo sguardo, nella vita di Luce, affacciandosi senza permesso sul suo dolore e sulle sue lacrime.

Si sente di troppo e il pudore lo fa allontanare.

L’amica di Luce avvolge con tutta la lunghezza delle sue braccia, il corpo sussultante della ragazzina e la carezza sulla nuca. Luce continua a singhiozzare persa nel suo labirinto e incurante delle cose che capitano quaggiù.

Lentamente il suono del pianto scompare, l’uomo non sa se per la distanza che sta mettendo tra lui e le ragazze oppure perché Luce ha smesso di singhiozzare. Si augura per la seconda.

Lo sguardo severo e inflessibile dell’adolescente lo ha colpito.

D’un tratto è felice che Luce abbia quell’amica accanto, proprio in questo momento di fragilità.

Gli amici vanno e vengono, a volte sono vicini e sono tutto ciò di cui si ha bisogno, altre tradiscono o voltano le spalle e fanno soffrire o semplicemente spariscono dalla scena come attori secondari di un dramma di scarsa qualità.

Luce ora soffre e molto ma presto dimenticherà chi l’ha fatta soffrire, chi le ha voltato le spalle, chi l’ha tradita. Ma non potrà dimenticare l’amica che le è stata vicino, che l’ha abbracciata quando lei aveva solo bisogno di un abbraccio, ma era troppo sconvolta per saperlo.

L’uomo cammina ma non riesce a smettere di pensare alle due amiche, sei fortunata Luce, anche se ora non lo sai, non piangere per chi ti fa soffrire, lui o lei non lo merita, non merita le tue lacrime e non merita i tuoi singhiozzi. Sfoga la tua rabbia e poi sorridi, ridi forte perché non è la tua sconfitta ma la sconfitta di chi ti ha tradito, non è il tuo fallimento ma il suo.

Poi l’uomo cede alla curiosità e si volta verso la piazza.

Le vede che si allontanano nella direzione opposta e si commuove nell’osservare che entrambe si tengono la vita, allacciate, quasi legate, come due persone che non si separeranno mai, come un unico essere vivente pieno di amicizia e di amore.

Un essere che ha trovato la via per uscire dal labirinto.