martedì 11 luglio 2023

Zelda, la ragazza spiritosa

 






“Nonna, mi racconti di quando lasciasti l’Ermete in piedi sull’altare come uno stoccafisso?”

“Ora taldèg… se mi ricordo…”

La Zelda ne aveva centinaia di ricordi, forse migliaia e a forza di ripeterli, tanti si erano mischiati.

Le sue memorie sono sempre state, come diceva lei fin da giovane, uno scaramaz, una confusione totale e ora più che mai.

Nonna Zelda, che in realtà è la bisnonna di casa, avendo compiuto i centouno anni, apre gli occhi al soffitto, due puntini neri che ormai non vedono quasi più ma che devono averne viste di cose, e, infatti, ora deve vedere il suo Ermete…

“Semprini, si chiamava l’Ermete, uno che non era buono nemmeno a fare l’umarel davanti a uno scavo, uno che non aveva lavorato mai un giorno in vita sua…”.

“Però lo stavi sposando!” insiste la ragazzina.

“Mica ho detto che era brutto! L’Ermete era uno che quando camminava le donne ci perdevano le bave dietro, finanche quelle sposate! E poi sempre distinto, sempre elegante, quando venne a casa a chiedermi in sposa, il mio babbo fece gli occhi dolci anche lui che l’Ermete sembrava un dottore!”.

“Nonna, poi perché lo lasciasti?”

Zelda ride, anche senza dentiera il suo sorriso è di una bellezza senza tempo, contagioso.

“Chi se lo ricorda, ma forse perché io mica avevo bisogno di uno che sembrava un dottore, di dottori veri ne potevo avere quanti ne volevo, quando avevo vent’anni!”

Zoe se la ride, dalla cucina la voce di sua nonna, la terza figlia di Zelda le grida:

“Lascia stare la nonna, che se comincia non la finisce più e poi inizia a ridere così forte che se la fa addosso e poi tu esci e a me mi tocca cambiarla…”.

Zelda invece ha cominciato e non ne vuole sapere di smettere.

“ Mi ricordo ancora la faccia dell’Ermete quando a metà della navata mi fermai, mi strappai il velo dalla testa e tornai verso l’uscita correndo!”

“Prima di uscire mi voltai, l’Ermete aveva raccolto il velo e ci si stava soffiando il naso, tanto che piangeva come la fontana in piazza, con due occhi da vitello…”.

Zelda non smette di ridere e nemmeno di raccontare.

“Venne il padre dell’Ermete, per lamentarsi della figuraccia, con quei baffoni a manubrio, pensava di spaventarci, invece il me babbo lo fece correre alzando il bastone che usava per le capre…”.

La risata grassa di Zelda sembra un singhiozzo ma la vecchia ci ha preso gusto.

“Nonna, lo hai più visto?”

“Chi l’Ermete Semprini? Certo che lo vedevo, aveva poi preso in moglie una certa Adalgisa, una grassona che vendeva frutta e verdura ma si vede che le piaceva di più la piada con lo squacquerone, ci andavo sempre a comprare la lattuga finché lei, saputa la storia, non iniziò a tirarmela dietro appena mi vedeva, uno spasso…”.

La ragazzina pensa che lo spasso sia ascoltare la sua bisnonna che racconta del suo passato. Immagina che sia come in un film di Fellini, in bianco e nero ma pieno di tinte e di emozioni.

Arriva dalla cucina sua nonna con le mani ancora sporche di farina e si siede sul letto.

Zoe, ti ricordi l’anno scorso, quando festeggiammo i cento anni di nonna e qualcuno le fece assaggiare il Sangiovese frizzante e lei per ringraziare si mise a cantare Romagna mia…?”

“E chi se lo scorda!”

Intanto Zelda è andata avanti.

“Dopo però, un matrimonio bisognava ben farlo e allora mi diedero il nonno, lui sì che era un pezzo di pane non come quello sburone di suo padre” Lo dice ricominciando a ridere.

“Questo non ti ha impedito di fare i tuoi scherzi…” La rimprovera sua figlia, come fa sempre.

“Il mio Angelo era troppo serio, non rideva mai, capisco quando si andava a un funerale ma sempre, no… quando gli nascondevo le sue cose, non si arrabbiava mai, restava in silenzio con la faccia triste”

“Papà era un uomo serio, e poi ci bastavi tu a fare la pagliaccia…” Irrompe la figlia di Zelda.

Ma sua pronipote ha ancora voglia di ascoltare e la sprona.

“E poi nonna? Voglio sapere!”

“Poi c’è stata la guerra e, cosa volete, se non si rideva un po’ che vita ci restava?”

“E tu, tra una licenza e l’altra del nonno, hai fatto tre figlie…”

“Sì, come ci rimaneva male il mio marito, sapete, un'altra femmina… gli avevo fatto credere che esiste una specie di bottone nella schiena che se lo premi mentre fai l’amore, si può cambiare il sesso del bambino…”

Zoe si mette una mano davanti alla bocca, imbarazzata, la nonna la sgrida e Zelda ride felice come una bimba davanti a un gelato.

“Non ha mai smesso di cercare…”

Zelda ricorda anche le cose scabrose e le lacrime che zampillano dai suoi occhietti sono di puro divertimento!

La figlia cerca di calmarla mentre la nipote non finisce di ridere.

Zelda è ispirata e si rivolge a sua figlia.

“ Ti ricordi la famiglia Ciavatta?”

“Chi? Non ricordo nessuno con quel nome.”

“Per forza, si chiamavano Cecchini!” Precisa Zelda, e poi prosegue.

“Poverissimi, mangiavano solo pane secco, quello che noi tenevamo per le galline. Ogni tanto gli si regalava qualche uovo. Tutti scalzi, poi il falegname con gli scarti di legno fece loro degli enormi zoccoli che sembravano ciabatte e a loro cambiò la vita e il soprannome…”.

I ricordi di Zelda sembrano sogni appena giunti dal passato, dal sapore dolceamaro, proprio come nei film di Fellini.

A volte sembra che Amarcord lo abbia scritto lei.

Zoe vorrebbe ascoltare tutti gli aneddoti della sua bisnonna e pensa che dovrebbe scriverli per quanto sono divertenti. Ma sa che non sarebbe la stessa cosa che ascoltarli dalla voce di quella donna, che i ricordi li ha vissuti davvero.

Era arrivata quasi cento anni prima, lì, sulla costa, ancora in fasce, proveniente da Bologna assieme a una famiglia in cerca di un po’ di fortuna e di lavoro.

Sei ore col trenino a vapore ci vollero.

Zelda era sempre stata affascinata quando passava un treno e ogni volta faceva gli occhi dolci. Era con tenerezza che guardava i treni che passavano, e sempre con un velo di tristezza, con la nostalgia di chi sa che nessun treno l’avrebbe più riportata indietro.

Per questo Zelda aveva trascorso la vita a ridere e a fare scherzi, a cercare di portare sorrisi e gioia sulle facce di chi le stava attorno.

Era così che voleva vivere Zoe, allegra e solare, proprio come la sua bisnonna.

Pronta a scherzare su tutto, a nascondere le cose e a non prendersi troppo sul serio.

“Su Zoe, canta con me!”

La mano dalla pelle rugosa e color cuoio afferra la mano rosea e dalla pelle liscia della pronipote e la stringe con insospettata energia.

La centenaria comincia a cantare e la ragazzina l’accompagna con una voce molto più sottile.

“Romagna miaaaa… Romagna in fioreee… tu sei la stellaaa… tu sei l’amoreee…”.

La figlia di Zelda le osserva con amore e commozione.

È una scena tenerissima che neanche Fellini si sarebbe sognato!

“Mo’ lasciami stare che sono stanca e voglio dormire!”

La ragazzina passa una carezza sulla guancia magra della bisnonna eccentrica. Le vuole bene e la nonna lo sa.

Perché sorride ancora.

“As videmm e se an si videmm as scrivemm!”

Zelda chiude gli occhietti piccoli e immediatamente comincia a russare.

Chissà cosa sognerà.






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