-Ehi, ciao Akhim.
-Ciao Pasquale. Cosa ci
fai da queste parti?
L’accento del ragazzo è
arrotondato e piacevolmente esotico.
Pasquale guarda turbato
l’amico egiziano. Che domande sono quelle?
-Vengo da te, no?
Stasera non mi va di preparare e mi è venuta voglia della tua pizza kebab…
Akhim sembra confuso, e
non riesce a capacitarsi. –Pasquale, ma lo sai che la pizzeria è dall’altra
parte del corso? Qui siamo a due chilometri di distanza…
-Ecco perché non arrivavo più. Risponde sereno Pasquale, che insiste.
–Ma sei sicuro?
-Pasquale, ma mi prendi
in giro? Lo so che sono straniero ma vivo qui da quindici anni, la conosco bene
la città… Poi chiede preoccupato: -Tu, piuttosto, ti senti bene?
Pasquale è perplesso,
per un momento il suo sguardo si perde nel vuoto, poi torna a fissare gli occhi
scuri del giovane. –No, non mi sento in forma, dammi un braccio, piuttosto, e
aiutami a tornare a casa.
Akhim lo prende
sottobraccio e si costringe all’andatura lenta e incerta dell’anziano amico.
Conosce Pasquale da più di dieci anni, da quando aprì la pizzeria d’asporto a
duecento metri da casa di quello. Ma ultimamente Pasquale gli era sembrato
strano, dimenticava le cose, niente d’importante, per carità, ordinava una
pizza e sosteneva di avere scelto un altro gusto, pagava dopo due giorni, cose
così. Pasquale si strinse al braccio dell’egiziano per camminare più sicuro. –Sei
un giovane forte. Gli disse premendo la mano sul bicipite del ragazzo. Akhim si
sentì in imbarazzo. I passanti gli rivolgevano sguardi pieni di sospetto e
accuse implicite ma lui stava solo aiutando un vecchio cliente, non lo stava
mica rapinando. Pensò, questo paese non cambierà mai, ma si voltò verso Pasquale
e gli sorrise. –Di questo passo arriveremo domani… Tutti e due risero alla
battuta.
-Akhim. Lo sai che la
tua è la pizza migliore della città?
-Pasquale, io ti
ringrazio ma lo dici solo perché ti facciamo credito. Risero di nuovo.
Pasquale era felice di
avere incontrato il pizzaiolo, chissà quanto ancora avrebbe camminato senza
sapere dove stava finendo. Non capiva come avesse potuto sbagliare strada e si
sentiva umiliato per quell’errore. Forse aveva ragione suo figlio, che lo
voleva mettere in un pensionato, ma lui a casa aveva tutte le sue cose e le
foto della sua povera moglie…
-Pasquale, siamo quasi
arrivati!
Akhim si accorse delle
lacrime che erano scese sulle guance rugose dell’amico ma distolse lo sguardo
per pudore e discrezione. Comprendeva la sofferenza di un suo simile.
-Dai Pasquale, stasera
la pizza la offre Akhim, la migliore pizza tra il Cairo e Torino!
Pasquale tirò su col
naso e fece un applauso in direzione del giovane egiziano.
-Grazie Akhim, sei un
amico. E fai la migliore pizza tra il Cairo e Torino…
Risero ancora una
volta.
Akhim aiutò Pasquale
a salire la rampa che lo portava alla sua camera e cucina, accompagnandolo sui
gradini. Poi lo salutò.
-Ora vado ad aprire,
appena è pronto ti porto la pizza!
-Ciao Akhim e grazie.
-Ciao Pasquale.
Una settimana dopo,
Akhim vide il camion dei traslochi portare via vecchi mobili. Gli venne il
dubbio. Spense la sigaretta e si avvicinò all’uomo in piedi davanti al vecchio
portoncino. Lo conosceva, lo aveva visto altre volte. Era diffidente verso gli
estranei e forse non approvava le amicizie del vecchio genitore.
Quello si voltò e vide
l’egiziano.
Si parlarono
brevemente, poi si strinsero la mano.
Akhim non voleva farsi vedere mentre piangeva ma si girò e aggiunse:
-Qualche volta, quando va a
trovarlo, passi a prendere una pizza e dica a Pasquale che gliela offre il
miglior pizzaiolo tra il Cairo e Torino!
-Lo farò. Rispose
freddo l’uomo.
Ma Akhim non gli
credette.
Nessun commento:
Posta un commento