Vorrei iniziare con un
aneddoto.
Una sera, prima di un
concerto, il cantante solista nonché leader di una celebre rock-band, si mise a
girare per i corridoi dei camerini, urlando: “Dov’è il mio batterista, dove si
è cacciato!”
Andò a picchiare contro
la porta di Charlie ma non ottenne risposta.
Si narra che il
batterista ignorò di proposito il chiassoso richiamo, finì di prepararsi, poi
uscì dal camerino, raggiunse quello di Mick, si fece aprire la porta e gli
sferrò un gran cazzotto in piena faccia, dicendo poi:
“Non sono io il tuo
f*** batterista, caso mai sei tu il mio cantante!”
I due musicisti in
questione erano Charlie Watts e Mick Jagger.
Dopodiché andarono sul
palco e fecero il loro concerto.
C’è chi dice che si sia
trattato di uno scherzo, chi racconta che sia successo di notte, chi scrive che
si tratta di una leggenda, come leggendari sono diventati i protagonisti della
nostra storia.
Stiamo parlando dei
Rolling Stones e non faccio fatica a credere che gente del loro calibro avesse,
oltre al talento straordinario, un carattere da vendere.
Ma non siamo tutti
Rolling Stones!
Quello che vorrei dire
è che i due, a parte i loro screzi e disaccordi, a patto che ne abbiano avuti
davvero, facevano musica e per suonare davanti alle folle occorre essere in
sincronia, andare a tempo ed essere intonati, quindi, cazzotto o no, erano
cavalli di razza che sapevano galoppare assieme sul palco.
Per stare bene assieme,
oltre a suonare la stessa musica, non si dovrebbe arrivare a darsi pugni in
faccia, almeno questo è quello che ci auguriamo tutti, ma spesso occorre
dichiarare e chiarire la propria posizione. Se il cantante pensa di essere il
proprietario della band (batterista compreso) qualcosa non va. Se il batterista
si tiene dentro, represso, un sentimento di rancore verso il cantante, qualcosa
non funzionerà. Andranno sul palco e steccheranno davanti a tutti.
Ovunque, quando non si
è chiari su chi fa cosa e su quale obiettivo si voglia raggiungere, qualcosa
prima o poi non funzionerà e non basterà una bella voce o una grande conoscenza
dello strumento per salvare la faccia.
Una rock band è
composta di pochi elementi che spesso vanno e vengono, ma un’organizzazione
complessa è tutta un’altra cosa. Dunque evitiamo che a prendere il pugno in
faccia sia il benessere lavorativo stesso, evitiamo di arrivare al momento in
cui una primadonna si lasci andare in dichiarazioni da diva e qualcuno, giunto
al limite della sopportazione, dia di matto e cerchi di colpire il viso del
primo. I segnali ci sono e chi li ignora, pur vedendoli, è altrettanto
colpevole.
Non siamo tutti Rolling
Stones, dicevo prima, e questo non è completamente un male. Abbiamo bisogno
anche di cori di montagna, musica popolare, orchestre, l’offerta deve essere
più ampia possibile ma in ogni gruppo ci deve essere chiarezza sul ruolo e
sulle competenze di ognuno.
E su chi ha il dovere
di dirigere l’orchestra.
Fatto questo avremo almeno una
base su cui lavorare, si potranno accordare gli strumenti e si potrà andare in
scena.
Con il benestare
di Mick e del compianto Charlie!
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