giovedì 23 giugno 2016

piccoli esperimenti innocui










Se siete di quelli che dicono: Oggi fa troppo caldo, non vado a correre... Oppure: mi sono addormentato, è tardi e devo pensare al pranzo... L'aria è fredda, ho i geloni ai piedi... Ci sono nuvole minacciose... Non sono molto in forma... Ho la nausea... Sta cominciando un bel film alla TV...
Probabilmente non siete il tipo di persona alla quale piace il running.
Per evitare di correre le scuse sono infinite. Ne trovate quante ne servono, ogni giorno diverse, ogni volta valide. Nessuno troverà da ridire.
Al contrario, per correre ci vuole solo una cosa (oltre a un paio di scarpe adatte): la volontà.
Senza una forte volontà, una grande motivazione, non si va da nessuna parte. Non si esce nemmeno da casa.
Anche durante la corsa, in genere dopo solo un paio di chilometri, i pensieri si possono fare negativi.
Cosa ci faccio qui, fa troppo caldo, mi tira il polpaccio, oggi proprio non respiro... Così di questo passo si rischia di durare poco, di invertire il senso e tornare presto sotto la doccia.
Dunque, decido che non devo pensare, per tenere il passo devo distrarmi. In genere basta la radio ma oggi ho deciso di fare un piccolo esperimento psico-sociologico.
Oggi provo a salutare, con un gesto della mano, un semplice cenno, chiunque incontri sulla strada. Voglio vedere in quanti rispondono, se rispondono, e provare a capire cosa pensano.
Cominciamo.


Tipologia: il professionista.
Abbigliato alla perfezione, orologio conta battiti, scarpette da trecento euro e pochi grammi di peso, canotta traspirante, occhialetti tecnici, fascia anti sudore.
Mi sfreccia di fianco a velocità da autovelox. Neppure vede la mia mano alzata, figurarsi il resto di me...

Tipologia: il superbo.
Lui mi vede, anzi mi squadra. Dall'alto.
Non restituisce il gesto di saluto. Pensa: chi è questo, cazzo vuole?
Proseguo la corsa...

Tipologia: donna runner, di solito corre in coppia, se non può, col cane.
Vede il saluto e mi guarda male. Sta pensando: Ecco, l'ennesimo galletto che ci prova, che schifo, una donna non può permettersi di uscire a fare due passi, mettersi dei pantaloncini, che subito è importunata, molestata, ma come si permette, mi avrà squadrata dalla testa ai piedi, che porco, tutti uguali, eppure non sembrava, aveva una faccia da bravo ragazzo, poi a pensarci bene non sembrava da buttare via, chissà se ripassa, magari la prossima volta lo saluto anch’io, chissà...

Tipologia: runner con prole (se piccoli, al seguito su biciclettine minuscole).
Al cenno della mano allego, premuroso, un sorriso rassicurante.
Risponde al cenno ma la sua mano rimane chiusa e i suoi occhi si stringono in due fessure, stile Clint Eastwood.
Di sicuro pensa: guarda solo i miei bambini e sei un uomo morto.

Tipologia: l’amicone.
Al cenno della mia mano si rianima, apre le braccia e urla cose senza senso tipo, come va, bella giornata per correre, vero? Ci vediamo, stia bene, buon allenamento… dopo duecento metri posso ancora sentire la sua voce accalorata, mi sembra di conoscerlo da una vita.

Tipologia: lo sportivo autentico.
Mi vede, risponde al saluto.
I suoi occhi sanno trasmettere tutta la sofferenza per la fatica provata e la dignità di chi stoicamente lascia da parte le debolezze umane per mettersi in gioco e sfidare i propri limiti. Condivide in un attimo, con me, questa esperienza mistica ma si rende conto che questo non è un gioco di squadra e si trattiene dal proporre “il cinque” al volo. Prosegue per la sua strada incurante della stanchezza propria e consapevole di quella altrui.


Bene, il percorso è quasi finito.
L’esperimento anche.
Non saprei dire com’è andata, mi piacerebbe che ci fosse a leggere qualche esperto, per capire se la mia disamina può avere carattere di scientificità, oppure era semplicemente un delirio causato da ipoglicemia e carenza di ossigeno al cervello.
Un risultato l’ho ottenuto.

Correndo non ho ascoltato la stanchezza e la vocina nella mia testa che sussurrava a ripetizione: cosa fai qua? Torna a casa e stenditi sul divano!





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