Le due e ventitré.
La radiosveglia è
precisa, Guido ha controllato più volte in modo maniacale.
Sono le due e ventitré
e ancora non è successo niente.
Guido è completamente
sveglio e vede il vapore uscire dalla sua bocca. La temperatura nella stanza da
letto sembra essere scesa di quindici, venti gradi. Un ronzio acuto gli
trapassa le orecchie. I vetri della porta finestra si appannano. Brividi gli
accapponano la pelle. Il ronzio cresce d’intensità, poi cessa di colpo. Al suo
posto un silenzio di attesa. Il suono del vetro che si spezza giunge improvviso
e fa sussultare Guido sul letto.
Lo specchio
sull'armadio è andato, pensa Guido. Stanotte me la sono cavata.
Si sdraia sotto le
coperte cercando di ignorare il gelo. Il termostato era stato regolato sui ventotto
gradi ma Guido continua a vedere il suo fiato.
Mentre osserva la
nuvola bianca che gli esce dalla bocca, una scossa sbatte il letto e quasi lo
sbalza sul pavimento. Un piccolo urlo gli esce dalla bocca e lo lascia
ansimante come dopo una corsa. Poi tutto finisce.
Guido trema nel suo
letto e non solo per il freddo. Guido ha paura.
Poi la stanchezza
prende il sopravvento e Guido si addormenta.
Sono due mesi che la
cosa va avanti.
Guido è sempre stato un
uomo razionale. Non ha mai creduto ai poltergeist, alle storie di fantasmi. Non
si è mai fatto spaventare dai film horror e si è sempre preso gioco degli amici
che lo facevano.
Fino alla sera
dell'incidente.
La giornata passa tra
alti e bassi e Guido cerca di trascorrere le ore lontano di casa. Ma
inesorabile la sera giunge e non può fare a meno di rincasare.
La casa sembra in
ordine ma come sempre, da due mesi a questa parte, l'odore metallico di sangue
impregna ogni cosa.
E quando arriva il
momento di andare a letto Guido non può impedirsi di ripensare a quella sera.
Guido non è un
nottambulo. Non è un amante di discoteche e locali notturni. Non rincasa
usualmente facendo le ore piccole.
Ma quella maledetta
notte si fece convincere dalla compagnia a fare un salto in discoteca. Tutti
tranne lui, erano accompagnati dalle fidanzate. Guido cominciava ad annoiarsi e
a sentirsi stanco, così verso le due decise che era ora di salutare gli amici e
di tornare a casa.
La statale era deserta,
Guido non aveva bevuto alcolici ma cascava dal sonno.
Dopo pochi chilometri,
al termine di una discesa, vide una macchia scura in mezzo alla carreggiata.
Passò cauto, diminuendo
la velocità e vide che si trattava di una ruota.
L'auto da cui si era
staccata la ruota giaceva sottosopra sul ciglio della strada duecento metri più
avanti. I fari dell'auto di Guido illuminavano una distesa di vetri
sull'asfalto.
Guido inchiodò i freni
e col cuore che martellava nel petto, aprì lo sportello e scese.
La donna rannicchiata
sul suolo in mezzo al suo sangue era evidentemente morta. Guido lo vedeva nel
buio della notte illuminata appena da una mezza luna. Il parabrezza dell'auto
era esploso e l'uomo che penzolava fuori emetteva suoni flebili.
Guido lo aiutò a
uscire, lo fece sdraiare sulla strada e restò a fissarlo.
Era ipnotizzato
dall'orribile ferita che gli si apriva sulla faccia.
Il ferito respirava a
fatica, un gorgoglio gli uscì dalla bocca insieme a un fiotto di sangue.
Ahaautha m'haa
oghe...ahaautha m'haa ogheeeee!
Guido non capì quella
notte ma quella frase gli si conficcò nel cervello senza più uscire.
Aiuta mia moglie.
Guido si paralizzò, non
era capace di informare il ferito di quello che aveva visto e poi l'uomo era
sotto shock e le sue condizioni stavano precipitando.
Il blocco non lo
abbandonò neppure quando il ferito perse conoscenza e così non si accorse che
la vittima aveva cessato di respirare e che anche il suo cuore aveva smesso di
battere.
Sarebbe bastato essere
più presente, sarebbe bastato forse un massaggio cardiaco come quelli che si
vedono nei film, sarebbe bastato...
Guido non aveva neppure
tentato. Quando era tornato in se tutto quello che seppe fare fu trovare il
cellulare in tasca e con le mani tremanti chiamare il soccorso stradale.
Guido apre gli occhi.
Non ha bisogno di
leggere la radiosveglia. Sa già che ora è ma guarda ugualmente.
Le due e ventitré.
La sera prima, andando
a letto ha alzato il termostato a trenta gradi. La camera sembrava una sauna.
Guido si è addormentato con il pigiama incollato al torace e fradicio di sudore,
sognando di essere nella giungla amazzonica. Ma quando si sveglia il sudore si
è congelato sulla sua pelle e sta tremando come colpito da un attacco febbrile.
Qualunque cosa sia, sta
per arrivare.
I vetri della finestra
cominciano a vibrare con violenza.
Il pavimento e le
pareti si coprono di ghiaccio, il crepitio è assordante. Poi il rumore cessa di
colpo.
Guido tende le
orecchie, non aspetta molto.
Subito si sente un
bisbiglio, parole inarticolate, senza significato.
Una litania
incomprensibile, ripetitiva, ossessiva, sempre più veloce, sempre più
assordante, come un rosario diabolico.
Nel giro di poco quello
che era un bisbiglio ora sono urla, che hanno poco di intelligibile, che non
hanno nulla di umano.
Hootahoo m'haa oghe,
hootahoo m'haa oghee, hootahoo m'haa ogheeee... Orhee, oorheee, heedhehoooo
oorhraiiii!
Guido piange sotto le
coperte, prega che questa cosa che sembra non voler finire mai, finisca presto.
Poi con uno schianto
dello specchio tutto finisce, il ghiaccio cola lungo le pareti, nella stanza
rimane solo l'eco di quei versi incomprensibili.
Il mattino dopo Guido
vorrebbe fare finta di avere sognato, di essere stato preda di un incubo ma i
vetri sono crepati e due solchi attraversano lo specchio. Il pavimento è
bagnato e la casa continua a essere gelata nonostante il riscaldamento sia
spinto al massimo.
Le
due e ventitré.
Che cosa succede, si è
chiesto Guido all'inizio di questa storia.
Vivere da single gli è
sempre sembrata un'idea fantastica.
Le sue cose, i suoi
spartiti, i suoi libri nei suoi spazi, nella sua casa. Le sue giornate e le sue
notti da trascorrere in autonomia e libertà.
Gli era sembrata
un'idea splendida.
Fino a ora.
Dalla notte
dell'incidente niente era cambiato nelle ore diurne, salvo forse l'odore in
casa. Ma di notte tutto era precipitato verso l'incubo più spaventoso.
Alcuni vicini si erano
lamentati con Guido, chiedendo perché lasciasse l'immondizia a marcire al sole
del terrazzino ma lui gli aveva mostrato un balcone e un appartamento lindo
quanto una sala operatoria.
Tuttavia questi erano
usciti quasi scappando e anche lui non poteva ignorare l'odore di marcio che
invadeva a ondate la sua casa.
La prima notte che
aveva sentito dei colpi sulle pareti, si era voltato dall'altra parte e aveva
continuato a dormire. Poi i colpi si erano ripetuti la notte successiva e
quella dopo ancora. Solo che non sembravano provenire da una direzione precisa
ma dall'interno della camera stessa.
La quarta notte Guido
fece caso all'ora sulla radiosveglia. Le due e ventitré minuti.
Era stato sul punto di
alzarsi per uscire sul pianerottolo ma in quel momento un grido agghiacciante
lo aveva inchiodato al letto, poi tutte le porte dell'appartamento si erano
messe a sbattere e un freddo gelido si era impadronito della sua dimora.
La quinta notte
qualcuno aveva bisbigliato delle oscenità nel suo orecchio, si era girato di
scatto con ancora la sensazione di fiato gelido e disgustoso nell'orecchio. Non
c’era nessuno a fianco del letto e sulla sveglia lampeggiava verde la cifra 2:23.
Non era stato semplice
per Guido convivere con questi fatti ma non voleva tornare dai genitori oppure
chiedere ospitalità a qualche amico.
Scusa il disturbo,
avrebbe detto, si tratta solo di qualche notte, il tempo di esorcizzare qualche
demone, di sfrattare un fantasma e di bonificare la casa con acqua benedetta...
No, non poteva rendersi
ridicolo e così aveva tirato avanti sperando che ogni notte fosse l'ultima.
Aveva resistito due
mesi.
Quella sera era andato
a letto portandosi lo stesso libro su cui da settimane non avanzava di una parola.
Guido aveva profonde occhiaie bluastre e la pelle pallida di chi non dorme bene
da qualche tempo.
Aveva preso le gocce,
unico rimedio che gli aveva prescritto il suo medico, e si era scolato la
solita tisana che in realtà cominciava a fargli schifo.
Era quasi mezzanotte e
nonostante la spossatezza era sicuro che non sarebbe riuscito a dormire.
Fino all'una aveva
contato i minuti sulla sveglia, si era girato cento volte, si era concentrato
su tutti i rumori dello stabile, passi sulle scale, un televisore a volume notevolmente
alto, parlottare di passanti in strada, niente di paranormale.
Poi era crollato nel
sonno.
Qualcosa di caldo e
denso gli carezzava il collo e la guancia destra. Una carezza appiccicosa. L’odore
forte di metallo era penetrato nelle sue narici e il gelo gli aveva paralizzato
mani e piedi.
Il letto, anzi il
pavimento e tutta la stanza avevano cominciato a vibrare, poi improvviso tutto
si era rovesciato più e più volte dando a Guido la sensazione di avere lo
stomaco in gola e una forte nausea. Riuscì a mettere le mani davanti alla bocca
prima che un fiotto caldo e acido gli spruzzò tra le dita sporcando la coperta.
La febbre lo stava consumando e la vista traballava ma l’ora sulla sveglia era
la stessa delle altre notti, le due e ventitré.
Il bisbiglio nell'orecchio
di Guido divenne presto forte come un urlo ma lui stesso non poteva muoversi,
tutti i muscoli erano paralizzati. Il respiro era superficiale e il battito
veloce come quello di un animale braccato.
Sentì tutto l’odio
riversarsi nella sua camera e questo gli fece perdere la ragione.
Riuscì con uno sforzo
immane a sedersi sul letto e tutto ciò che vide nel buio della stanza, fu l’immagine
di un uomo nello specchio, con la faccia aperta da una ferita e sanguinante e gli occhi
sbarrati.
La sua bocca era
spalancata e tutto ciò che usciva, era un verso osceno.
Hootahoo
m'haa oghe, hootahoo m'haa oghee, hootahoo m'haa ogheeee... Orhee, oorheee,
heedhehoooo oorhraiiii!
L’uomo nello specchio
non era vivo e l’uomo seduto nel letto era negli ultimi attimi della sua vita.
Il suo cuore stremato
si sarebbe fermato per sempre da lì a pochi secondi.
Solo il tempo di
osservare lo sconfinato, oscuro orrore di un fantasma che in vita ha perso
tutto.
Nessun commento:
Posta un commento