Gerolamo Fabbrini.
1907-1999
I tuoi cari in perenne memoria.
Questo si
leggeva sulla lapide profanata.
La foto sbiadita
dietro il vetro in frantumi, ritraeva un uomo fiero, baffetti curati e mascella
volitiva, dallo sguardo puntato a lato verso il futuro, sicuro di sé e
consapevole della sua forza.
Il marmo bianco
era stato sporcato da una serie di scarabocchi fatti con vernice spray nera.
I pochi fiori
strappati e sparpagliati.
Uno scempio che
si ripeteva da qualche settimana.
Il custode del
cimitero aveva prontamente avvertito la famiglia. Era stata presentata denuncia
alle autorità competenti.
Non contento il
deputato Gabriele Fabbrini, cinquantenne nipote del compianto Gerolamo, aveva
presentato un'interpellanza al parlamento per riabilitare la figura storica del
nonno, al momento rimasta pressoché ignorata data la priorità di altre
questioni.
*
* *
Gerolamo nacque
in un periodo importante, foriero di grandi cambiamenti, di progresso.
A soli quindici
anni scappò da casa per partecipare alla marcia su Roma.
Avrebbe immolato
la vita per la patria.
Avrebbe
sacrificato la propria vita per la causa, questo almeno pensava il giovane balilla,
anche se il futuro lo avrebbe impietosamente sbugiardato.
Gerolamo generò
Benito oltre a una serie d’innumerevoli altre figlie.
Benito generò
Gabriele con altre tre sorelle.
Gabriele generò
Duilio.
*
* *
Quando Duilio, sposo
diciottenne per aver messo incinta la compagna di classe, disse a suo padre che
la ragazza aspettava un maschio, Gabriele ordinò: dovrà chiamarsi come suo
nonno!
Duilio e sua
moglie, che erano rimasti a vivere nella grande villa coloniale della famiglia
Fabbrini, si dissero subito disponibili a tutto, qualsiasi cosa avesse
riservato loro il fato crudele. Qualsiasi cosa.
Ma non lo
avrebbero chiamato Benito.
*
* *
Gerolamo
Fabbrini visse intensamente.
Seguì gli eventi
storici come un levriero insegue una volpe. Si fece trasportare dal clima
politico cavalcandolo con vigore ed entusiasmo. Sempre in divisa scolastica,
sempre sull’attenti, soprattutto sempre in squadra. Non si perdeva un comizio,
un’adunanza, un’esercitazione ma nessuno lo aveva mai visto in giro da solo.
Combatté con
italico orgoglio fino all’armistizio dell’otto settembre quando con la sua compagnia
cercò di raggiungere il nord del paese e la repubblica sociale. Solo un incidente
impedì loro di realizzare il suo piano.
Scappò con un
fucile cercando di sparare a tutto ciò che si muovesse, ma non riuscì a ferire
nemmeno un leprotto. Alla fine fu catturato dai partigiani ma riuscì a scappare
e, disertando, trovò rifugio dalle parti del suo paese.
Alla fine della
guerra, simulando una grave amnesia, si fece gradatamente rivedere in giro e
atteggiandosi da eroe di guerra, fece buon viso alla nuova libertà e alla
nascente repubblica.
Italiano di
vecchio stampo, con una buona istruzione, fu attento a curare gli interessi e
il benessere di figli e nipoti creando nella dimora colonica ereditata dalla
madre, nobildonna dell’aristocrazia d’altri tempi, una famiglia numerosa e
fortunata, invidiata da tutti, soprattutto da chi considerava suoi nemici
naturali, i comunisti di cui era pieno il paese.
*
* *
Otto anni prima,
il giovane Duilio fissò il neonato che aveva tra le braccia, sorrise impacciato
e gli sussurrò queste parole: Ciao piccolo Gerolamo, non puoi sapere che
rischio hai corso… non fosse stato per mammina e papino ti saresti chiamato
Benito, come mio nonno!
All’età di un
anno e mezzo il piccolo Gerolamo aveva imparato a rispondere alle stupide
domande che gli adulti fanno ai bimbi molto piccoli. Come ti chiami? Gli
chiedevano tutti.
E lui
puntualmente rispondeva: Gommy!
Così Gerolamo
era sempre stato il piccolo Gommy per tutti.
Gerolamo
Fabbrini si sarebbe rivoltato nella tomba.
***
Gerolamo
Fabbrini fece presto un mucchio di soldi. Rimase saggiamente fuori dalla
politica ma mantenne i contatti giusti, quelli con persone importanti,
assessori, commissari, sindaci, tutti nostalgici, tutti con un segreto
desiderio di rivalsa e di potere. Ebbe così modo di fare affari al momento
buono ed essere presente ad aste e compravendite di cui si conosceva poco l’esistenza.
Comprò e
vendette di tutto, casolari, campi, edifici.
Lo fece da uomo
senza scrupoli quale era, arricchendosi spesso a discapito di poveri lavoratori
che riduceva sul lastrico.
Non fu molto
amato e capitò più volte che tirassero uova o immondizia contro la sua casa. Ma
si sa… il potere genera invidia.
***
Gommy… che razza
di nome è Gommy!
I bambini
possono essere molto crudeli e ben presto i compagni di scuola del piccolo
Gerolamo iniziarono a infastidirlo. Le cose peggiorarono quando scoprirono che
il suo vero nome era Gerolamo.
Un giorno il
compagno di banco che lui credeva amico gli chiese il significato del termine “bastardo”.
Sai, mio nonno mi ha detto che tuo nonno e il suo vecchio babbo erano dei gran
bastardi…
Questa cosa lo turbò
molto ma si guardò bene dal parlarne a casa, soprattutto con papà Duilio.
Il maresciallo,
all’ennesima denuncia fatta in caserma da Gabriele Fabbrini, rispose che, sì
certo che stavano indagando, avevano in mano una pista negli ambienti anarchici
e qualche forte sospetto tra i fannulloni che frequentavano un centro sociale
giù in città.
In verità il
maresciallo non aveva niente di tutto questo e tantomeno tempo da sperperare in
un caso di vandalismo tombale ma il deputato andò via con aria soddisfatta.
Gommy non ne
poteva più di subire i bulli della scuola, così decise di diventare grande.
Una sera fece
una scenata ai genitori perché non gli volevano raccontare niente del suo avo e
urlò loro di non chiamarlo Gerolamo! Non gli piaceva, non si sarebbe mai
chiamato Gerolamo, era un nome che odiava, lui sarebbe sempre stato Gommy, per
tutti!
Per fortuna suo
nonno Gabriele non era presente.
Poi i gesti di
vandalismo cessarono com’erano iniziati.
Gommy studiò,
prese una laurea e appena poté, senza chiedere il permesso alla sua famiglia,
andò davanti a un giudice per farsi cambiare ufficialmente nome.
Gommy Fabbrini
trovò lavoro come insegnante e smise per sempre di pensare di far politica,
anche se non era mai stato un pensiero molto pressante, che la sconclusionata
sinistra del paese andasse avanti senza di lui.
Ogni tanto
ripensava alla sua vita di bambino, con la paura dei cimiteri e con le dita
sporche di vernice spray e provava un vago dolore al petto quando insegnava ai
ragazzi di un recente passato storico, ma niente d’importante.
Acqua era
passata sotto i ponti dai quei tempi e lui quei ponti li aveva tagliati da
piccolo.
N.d.A. Nomi ed eventi sono frutto di fantasia. Ogni somiglianza nasce dal caso.
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