sabato 22 settembre 2018

Il leggiadro, sublime canto trascendentale delle stelle.









Il leggiadro, sublime canto trascendentale delle stelle. 





bum...bum... bum… 

bumbumbumbum… 



Batte forte, veloce, sempre più veloce. 

Il cuore è un tamburo che suona a ritmo sincopato e non accenna a rallentare. 

Poi, piano piano, il respiro si fa meno frenetico, rallenta e di conseguenza diminuisce anche la frequenza del tamburo che suonava impazzito. 


Ma a cosa serve. 

Se lo chiede Leo. A che serve vivere al limite, fino quasi farsi scoppiare il cuore? 

A che serve prendersela per tutto, scegliersi un’etica profonda, inflessibile e poi obbedirle a tutti i costi, fino a rinunciare alle amicizie che non comprendono quel tipo di etica, a rinunciare alle persone che non rispecchiano la propria scelta… 

A che serve consumarsi le suole delle scarpe per seguire un ideale mentre il resto del mondo cammina in direzione opposta? 


Il cuore di Leo è tornato a battere a un ritmo normale, Leo ha imparato, o meglio sta imparando, a concentrarsi su cose semplici, la forma di una nuvola, il colore delle foglie, qualcosa così, che distolga l’attenzione dalla frenesia in cui tutti sembrano volerlo trascinare. 

Qualcosa che gli serva da salvagente, meglio ancora, una corda alla quale aggrapparsi prima che il gorgo di acqua scura lo trascini verso il fondo. 


Anche un suono va bene, un ritmo, un brano musicale, meglio se una colonna sonora naturale, come la voce del vento tra i rami, lo scroscio regolare delle onde sugli scogli… 


Dunque, pensa Leo, se basta così poco per smettere di ansimare e di sentire i dolorosi colpi che vengono dalla cassa toracica, se basta così poco perché dunque ci ricasca e si lascia trascinare verso il fondo da cose senza importanza come il lavoro, gli orari, la casa, le scadenze, i colleghi, le tasse, i rapporti umani, la televisione, i bei vestiti, l’auto… 


Se tanto alla fine si uscirà sconfitti da questa vita, e da qualunque parte si cerchi di scappare, si finirà come finisce un cagnolino che sfugga al guinzaglio della padrona e dopo una veloce fuga tra case e auto, si ritrovi a percorrere la rampa in discesa di un box incontrando al fondo il cancello chiuso che arresterà quel tentativo di libertà… perché farsi venire l’affanno se alla fine la strada s’interromperà riconsegnandoci, spossati e disperati, al guinzaglio della nostra padrona? 


Queste sono le cose che pensa Leo, mentre il suo motore scende di giri e pensa anche che il suono che maggiormente funziona sia il canto che arriva dalle stelle. 


Perché, le stelle cantano? Gli chiederebbe suo figlio. 

E Leo, se avesse un figlio, potrebbe rispondergli mentre gli carezza la sua bella testolina rotonda, gravida e brulicante di mille idee e pensieri come solo i bambini… 


Potrebbe dire molte cose a quel bimbo, tutte vere, tutte bellissime. 

Gli spiegherebbe l’importanza delle cose che non si vedono e la bellezza delle cose che non si pagano. 


Ma queste sono solo speculazioni e di speculazione non si vive, così Leo, il cui tamburo ultimamente ha tenuto un ritmo forsennato, cerca un posto buono, va bene un prato in montagna, un bosco ma anche una spiaggia deserta o la stanza della luce in alto sul faro. 

Basta che ci sia silenzio. Basta che ci sia solitudine. 


Basta, ha compreso Leo, che sia possibile, con un poco di concentrazione, udire la dolcezza dell’universo, ascoltare il sublime canto trascendentale delle stelle. 













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