domenica 10 giugno 2018

Fila f, posto undici








Arrivo, come tutti gli anni, immerso in una personale sacca piena di ansia.
Quest’anno tocca punte vertiginose prossime al panico.

Me la prendo col traffico in realtà inesistente, con la ricerca di un parcheggio che poi trovo appena svoltato l’incrocio, per ultimo con mia moglie la cui unica colpa è di sopportarmi.

Il teatro apre i battenti puntuale, come ogni anno, quindici minuti prima dell’inizio dello spettacolo.

M’introduco verso il mio posto risparmiando a tutti il problema di intrattenersi con un orso idrofobo e vado a decantare gli ultimi minuti di stress nel profondo della mia poltroncina.

Una volta seduto mi sento come un passeggero atterrito sul sedile di un Boeing. Provo a estraniarmi, dal momento che niente più dipende da me, accettando passivamente i secondi che mancano al momento del decollo.

E puntuale il decollo arriva annunciato dall'abbassarsi delle luci e dall'aprirsi del sipario.

Godiamoci lo spettacolo, penso ma il primo pezzo s’intitola “Niente è come sembra”…

E, infatti, il sogno comincia, come sempre, ma niente è più come sembra perché le danzatrici si presentano con maschere teatrali sorridenti sotto le quali si cela una smorfia di amarezza dipinta sui volti. E capisco subito che niente più sarà come sembra, che saremo catapultati in un mondo di musica e danza che ci urla di tossiche dipendenze, di mortale anoressia e solitudine, dove si raccontano problematiche storie d’amore omosessuale, tragiche vicende in cui ballerine vittime di stalking saranno uccise a colpi d’arma da fuoco, storie di donne colpite, umiliate, violate da uomini vigliacchi, inutili e inadeguati.

Non è uno spettacolo per deboli, questo in cui la danza ci illustra gli orrori della follia, ci mostra la sofferenza dell’autismo, la disperazione del vivere un’esistenza senza memoria, senza più passato né futuro, vittime della demenza e quest'ultimo tema strizza le lacrime dagli occhi, già irritati e sensibili dal primo minuto, come fossero spugne intrise d’acqua.

Non è uno spettacolo per cuori fragili e il sogno prosegue dandoci grandi bastonate sulla nostra tranquilla vita di persone “per bene” urlando di aprire le orecchie e gli occhi per non cedere mai più all’indifferenza.
Non mancano momenti di bellezza pura e di speranza come la gioia di vivere danzando fregandosene della disabilità.

Non è uno spettacolo per anime delicate e se lo siamo stati queste ballerine e questi ballerini ci hanno riportato all’ordine.
Ci hanno fatto volare ma anche svegliare, ci hanno spaventato e meravigliato, ci hanno fatto sorridere ma anche commuovere.
Ci hanno regalato emozioni e pensieri da elaborare.

E come ogni anno, io che pensavo di assistere a uno spettacolo di danza esco dal teatro con un uragano di sentimenti che fatico a comprendere e con tanta gratitudine verso questi artisti che con la loro grande passione sanno, ogni anno, farci crescere un poco di più.













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