mercoledì 31 maggio 2017

la matita rossa







Giovanni vive in montagna.
Si è comprata una baita, sopra i milletrecento metri, con i soldi della liquidazione e se n’è andato.
La sterrata che porta a casa sua è ripida e scivolosa e d'inverno quando nevica o ghiaccia, diventa impraticabile.
Vive solo, ovvio.
È sempre stato un uomo solo.
Ha cominciato a esserlo quando ancora lavorava.

Una volta, un vecchio collega gli disse una cosa, riguardava forse i clandestini, gli immigrati, o solo gli stranieri, come questi fossero il male della società, del paese. Lui ascoltò e poi come niente fosse tracciò una riga rossa su quella che era stata una collaborazione ventennale!
Cancellato.

Ricordo un altro episodio, si era a un aperitivo e un amico del gruppo, un tipo sciocco, incline alla misoginia, fece una battuta triste su come certe ragazze disinibite attirassero gli uomini violenti col loro abbigliamento e meritassero di essere picchiate, aggredite o stuprate!
Giovanni indurì la faccia, posò il bicchiere e se ne andò senza salutare nessuno.
Altra riga rossa.
Altra persona cancellata.

Per non parlare dei dirigenti.
Alcuni senza dubbio inetti e incapaci di esercitare le proprie funzioni.
Ma tant'è, bisognava scendere a compromessi, collaborare. Tranne Giovanni, lui no, lui li guardava di storto e ignorava beatamente le indicazioni che riceveva.
Quante volte si è impedito di fare carriera, quante promozioni, quanti premi produzione si è perso ma niente da fare, non era capace di scendere a patti con nessuno.

I vicini di casa lo consideravano un orso e lui dava loro tutte le ragioni per farlo, piccola gente che urlava, maltrattava i propri bambini, non rispettava le regole, come potevano pensare che si sforzasse di essere amichevole, anche solo gentile, gente che la gentilezza non sapeva riconoscerla neanche col binocolo.
Altre righe rosse a cancellare esistenze inutili.

La moglie l’aveva lasciato tanti anni prima, spinta dalla voglia di una vita diversa, fatta di luci, rumore, gioielli e cene eleganti, un tipo di vita che lui non aveva saputo darle.
Che si era rifiutato di offrirle.
Aveva accettato, unico compromesso, che pensasse di essere stata lei quella che aveva tirato una riga rossa sul suo nome.

Quando smise di lavorare, tutti si dimenticarono in fretta di Giovanni e continuarono a vivere le loro vite fatte d’ipocrisia, cattiverie, ignoranza, luoghi comuni e banalità.
Non c’era rimasto nessuno che si sconvolgesse per tutte queste cose, che si ribellasse.
Nessuno sentì la mancanza di Giovanni, un uomo scomodo e irritante.

Un paio d’anni dopo mi misi d’impegno, scovai l’indirizzo e dopo averci pensato bene, andai a trovarlo.
Mi ero aspettato di vedere un uomo triste e consumato, gettato ai margini da una società che lui stesso aveva rifiutato.

Lo trovai forte e vivo, mentre spaccava la legna, con la fronte e gli zigomi bruciati dal sole e gli occhi limpidi e colmi di gioia.
Mi fece visitare la sua piccola baita, piena di libri, il bosco e gli animali e la vita che stava dietro e la vista della valle molto più in basso che stagnava nello smog. Mi offrì un goccio di Calvados in una vecchia tazzina scheggiata e si mostrò moderatamente contento della mia visita.

Vedi, mi disse, qui si respira aria pulita e non c'è bisogno di usare la matita rossa.

Io capii.

Non sono più salito a trovare Giovanni, so che lui non patisce la solitudine.

Solo, una volta l’anno, gli spedisco un pacco con dei tascabili per riempire la sua vita e una bottiglia di Calvados per scaldarli il cuore.

So che a lui basta così.





Nessun commento:

Posta un commento