Circa diciassette anni fa usciva
nelle sale italiane il film “The Truman
show” diretto da Peter Weir, regista tra gli altri de L’attimo fuggente, e interpretato dall’ecclettico Jim Carrey, fino
a quel momento considerato dalla critica un eccellente attore comico, e da un
grandissimo Ed Harris.
Il film ha ottenuto ben tre
nomination per il premio Oscar del 1999 e si è aggiudicato tre Golden Globe
nello stesso anno (miglior attore in un film drammatico, miglior attore non
protagonista e migliore colonna sonora originale).
Il film non si limita a irridere
e rendere paradossale il successo dei reality show, il film non è solo un’originale
rappresentazione della finzione scenica, non è solo una grande metafora della
menzogna della vita, non è solo un affresco delle paranoie e della solitudine
umane. Il film è tutto questo, narrato con incredibile leggerezza e con grande
coraggio.
Il personaggio di Christof (Ed
Harris) rivelando se stesso a Truman (Carrey) si dichiara il Creatore e dice la
verità quando afferma tutto il suo potere, tutto il suo controllo e tutto il
suo amore verso il nostro protagonista.
Il film è pregno di richiami e
riferimenti, dai nomi dei personaggi, Marlon, Meryl, a quelli dei luoghi
(Lancaster Boulevard) e richiami nemmeno troppo velati a opere come 1984 di
George Orwell.
Tutto è finzione sullo schermo,
tutto tranne Truman come richiamato anche dal suo nome (true man).
Tutto è finzione tranne le
emozioni che legano il pubblico in struggenti abbracci e lo sciolgono in calde
lacrime.
Il film è arricchito da una
meravigliosa colonna sonora scritta da Philip Glass, che peraltro fa una
piccola apparizione al pianoforte suonando la propria musica e che culla
piacevolmente lo spettatore portandolo alla commozione.
Per chiudere citando il nostro
Truman Burbank, vi saluto dicendo:
“Buongiorno… e caso mai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buona sera e
buonanotte!”
Ma ci rivedremo perché questo è
un film di cui non ci stancheremo mai.
Perché in fondo siamo tutti un poco Truman.
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